di Clemente Pistilli
Una montagna di debiti, società partecipate in fortissima perdita, bassa percentuale di riscossione dei tributi e scarsa capacità di recuperare le somme evase, con aziende fondate al solo scopo di riempirle di personale, senza preoccuparsi minimamente del futuro. Un quadro a tinte fosche quello tracciato dalla Corte dei Conti sul bilancio comunale di Palermo. Ai giudici non sono bastate le rassicurazioni del sindaco Leoluca Orlando, che lo scorso anno è tornato per la quarta volta a sedere a Palazzo delle Aquile, sotto le bandiere dell’Idv. La situazione riscontrata dai magistrati contabili è disastrosa e nonostante ciò è stato appurato che si continua a spendere tanto, troppo e contro la legge, su dipendenti a tempo determinato e costi di rappresentanza.
Le partecipate
Uno degli aspetti peggiori per Palermo è quello delle società partecipate e di tre in particolare: Amia spa, Gesip spa e Amat spa, che si occupano rispettivamente del servizio rifiuti, di servizi vari e di trasporti. Una piaga un po’ in tutti i centri, ma che nella Conca d’Oro assume connotati particolari, alla luce soprattutto di gestioni passate in cui tali aziende erano una “succursale” dell’ufficio di collocamento, con il risultato che hanno imbarcato centinaia di lavoratori, accumulato perdite e ora rappresentano uno dei peggiori incubi di qualsiasi amministratore. La Corte dei Conti, nella relazione sui rendiconti 2009, 2010, 2011 e sul bilancio di previsione 2012, parla di “perduranti perdite di esercizio per importi rilevanti” e di una situazione in cui vi è un’”elevatissima incidenza del costo del personale”. Qualche esempio? L’Amat, nel 2011, registra un indebitamento di oltre 117 milioni, ha 1792 dipendenti, che costano quasi 73 milioni di euro all’anno e incidono sul bilancio per il 70,6%. Amia, con un indebitamento di 223 milioni e mezzo e 75 milioni e mezzo di costi per il personale è stata dichiarata fallita il 22 aprile dal Tribunale di Palermo e la giunta Orlando sta cercando di mandare comunque avanti la gestione pubblica del servizio con fitti d’azienda stretti con la curatela. Gesip, infine, con un indebitamento di oltre 14 milioni e 48 milioni e mezzo di spese per il personale, tra un finanziamento straordinario e l’altro è collassata. Comune e Regione sono dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali, passaggio che crea più di qualche dubbio ai magistrati contabili, ed è emerso il fine vero per cui era stata costituita la spa: stabilizzare 1550 lavoratori, cresciuti poi fino a 1800.
I “buchi” fuori bilancio
A preoccupare la Corte dei Conti non sono però soltanto i “buchi” delle partecipate del capoluogo siciliano. I debiti fuori bilancio dell’ente sono infatti elevati e al 2011 hanno raggiunto quota 13 milioni e mezzo. Le spese per il personale intanto crescono e, da 9 milioni e mezzo del 2009, nel giro di tre anni sono arrivate a quasi 13 milioni. Scarsa la capacità di fare cassa, anche ricorrendo ai sistemi con cui cercano di far fronte alle sempre disastrate finanze la maggior parte degli enti pubblici italiani: le multe. A Palermo far pagare i verbali per le infrazioni al codice della strada sembra essere un’impresa. Nel 2009 è stato riscosso il 31% delle multe fatte, nel 2010 il 48%, per poi subito precipitare nuovamente nel 2011 al 35%. E non va meglio nella lotta agli evasori: nel 2009 è entrato nelle casse comunali appena il 20% delle somme evase da recuperare, nel 2010 il 10% e nel 2011 il 13%. Stessa linea su entrate tributarie ed extratributarie. Nel 2009 riscosso il 41% delle entrate tributarie previste, nel 2010 il 40% e nel 2011 il 37%. Sempre peggio.
Esborsi “allegri”
Una situazione che non sembra creare però particolari timori a Palazzo delle Aquile. La Corte dei Conti ha contestato al Comune il mancato rispetto dei limiti di legge sulle spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, rappresentanza e missioni. Solo per le relazioni pubbliche, nel 2011, quando era sindaco Diego Cammarata (Pdl), sono stati spesi 330mila euro, mentre il limite era 113mila. Nel bilancio di previsione poi nessun adeguamento alle previsioni di legge sul contenimento delle spese per il personale a tempo determinato, a convenzione o con contratti di co.co.co. La Corte dei Conti ha ordinato agli amministratori di risanare le finanze e di fare presto. I giudici hanno preso atto di una serie di cambiamenti avvenuti a Palazzo, ma non basta e il tempo stringe. Quello che inizialmente era un “buco” ora è una “voragine” nei conti pubblici.