Dice che lo fa per i nostri figli e i nostri nipoti, che questi soldi in arrivo da Bruxelles sono l’ultima chance per non perdere la faccia davanti a loro. E’ un Matteo Renzi show quello che va in onda sui canali de La7. Non si fa in tempo a dire che è tregua natalizia tra Iv e il premier, che il leader di Rignano mena fendenti a destra e manca. Ma il suo potrebbe essere l’ennesimo bluff. La trattativa con Giuseppe Conte è in corso, passa attraverso il congelamento della governance sul Recovery e la maggiore collegialità inaugurata da Palazzo Chigi. Ma l’ex premier pare divertirsi a tenere alta la tensione. Rilancia sul Mes e sulla delega ai servizi segreti.
Sul Salva Stati è pronto a scommettere su un cedimento da parte dei grillini: “Prima di andare a casa votano molto di quello che devono votare”. E sulla delega insiste: “I Servizi segreti devono essere guidati da un esperto tecnico. Perché Conte accentra?”. Assicura che dal tavolo non è stata tolta la minaccia di dimissioni dei membri di governo renziani. Ma soprattutto a testa bassa prende la rincorsa per colpire il capo delegazione dem. Dario Franceschini è convinto che, in caso di crisi, non ci sarà alcun governo tecnico o di unità nazionale e che l’unica alternativa rimane il voto.
Concetto che anche i Cinque stelle (vedi Luigi Di Maio) hanno ribadito con chiarezza. “è chiaro che Franceschini sta bluffando”. Se c’è la crisi, dice Renzi, “non andremo al voto, perché c’è una maggioranza in Parlamento. Se qualcuno pensa di minacciare il voto è sbagliato, in democrazia il voto non è una minaccia. Franceschini è il ministro della Cultura, si occupasse dei teatri chiusi. è il ministro del Turismo, si occupasse degli alberghi. Il presidente della Repubblica non è lui ma Sergio Mattarella”. Nega trame oscure: “Talvolta abbiamo fatto giochi di palazzo, ma non è questo il caso”. A Renzi replica “indirettamente” il premier. Che tiene il punto sui vari dossier e appare tutto fuorché remissivo: “Sono disposto a discutere di tutto ma per l’interesse generale e non di singole parti delle forze di maggioranza”, premette.
La task force non c’è più, ha esultato l’altro giorno Italia viva. In realtà la questione è semplicemente rinviata. Una struttura di monitoraggio per il Recovery plan ci sarà eccome, ce la chiede l’Europa, ribadisce Conte. Che al momento non sembra aver abdicato all’idea del famoso triumvirato: “Abbiamo previsto non solo il presidente del Consiglio ma i ministri di spesa principali, Economia e Sviluppo economico”. E i 6 super manager? “Se arrivano proposte migliorative ci si lavorerà”. Per ora bisogna accelerare sui contenuti e portare il piano in Cdm entro la fine dell’anno. Sulla sanità i miliardi stanziati non sono 9 ma più di 15.
Il Salva Stati? “Se attivarlo o meno è prerogativa del Parlamento ma i 36 miliardi del Mes ci farebbero accumulare deficit e lasceremmo così alle generazioni future un fardello non da poco”. I Servizi segreti? “Il presidente del Consiglio non si è appropriato di questi poteri, glieli attribuisce la legge. Se vogliamo costituire per la prima volta una struttura bicefala con una forza politica che ne rivendica l’autorità sarebbe una grave compromissione sull’operatività dell’intero comparto”, avverte. La crisi, ribadisce, non è nelle mie mani: “Si va avanti se c’è la fiducia di ciascuna forza”.
E sul rimpasto assicura: finora nessuno me lo ha chiesto, se avvenisse si valuterà. E sulle ipotesi di vicepremier da affiancargli bolla il tutto come “chiacchiericcio”. Per il resto massima concessione a chi – dal Pd a Iv – fa richiesta di maggiore collegialità: “Le scelte politiche si fanno tutti insieme attorno a un tavolo”. In ballo non ci sono solo i 209 miliardi del Recovery, ma altri 100 miliardi del bilancio Ue, più le risorse stanziate in Finanziaria: “Perdere questo treno sarebbe da irresponsabili”, dice il ministro dem Enzo Amendola.