Dopo aver deciso di vuotare il sacco coi pm sulla vicenda della compravendita gonfiata di Cormano, il commercialista Michele Scillieri è diventato un fiume in piena. Nell’interrogatorio di lunedì, durato oltre 10 ore, il fiscalista vicino al Carroccio e nel cui studio è stata domiciliata la “Lega per Salvini premier” ha continuato a fare ammissioni e a far mettere a verbale inedite circostanze. L’ultima di queste rivelazioni è quella secondo cui, alla fine del 2016, Alberto Di Rubba (nella foto) e Andrea Manzoni, revisori contabili della Lega in Parlamento e ai domiciliari nell’inchiesta sul caso Lombardia Film Commission, gli avrebbero proposto di creare con loro due e con il tesoriere del Carroccio, Giulio Centemero, uno studio associato.
Una proposta che, come sostenuto davanti al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pubblico ministero Stefano Civardi, Scillieri assicura che “furono loro tre a farmi” ma che, in un secondo momento, decise di rifiutare. Del resto il progetto stava andando avanti tanto che, sempre secondo l’indagato, tra i professionisti era stato tutto definito con l’individuazione dell’immobile, al quartiere Isola di Milano, ed erano persino stati scelti gli arredi. Ma poi il progetto naufragò e fu proprio Scillieri a tirarsi indietro anche se ai magistrati non ha voluto spiegare le ragioni di questo repentino quanto inatteso dietrofront.
LE RIVELAZIONI. Che non si tratterebbe di illazioni, i pubblici ministeri di Milano lo deducono dal fatto che di tale progetto se ne parla, a quanto si è appreso, anche in alcune chat finite nel mirino degli investigatori. Quel che è certo è che alla fine lo studio associato, in cui secondo i pm doveva essere domiciliata la “Lega per Salvini premier”, salta e così nel 2017 il neonato movimento viene fondato nello studio milanese di Scillieri che avrebbe messo a disposizione il proprio immobile. Ma c’è di più. Nell’ultimo interrogatorio il commercialista che ha già reso diverse ammissioni, ha continuato a raccontare ulteriori dettagli sulla presunta vendita gonfiata del capannone di Cormano, pagata con fondi pubblici dalla Lombardia film commission.
In particolare ha fornito chiarimenti su due fatture da 16 e 70mila euro, a lui pagate dal Carroccio e da Pontidafin come consulenza professionale. A suo dire, circostanza sulla quale sarebbero in corso ulteriori accertamenti, incassò quei soldi come quota che gli spettava sull’affare di un terreno che vedeva coinvolti sempre Manzoni e Di Rubba. Scillieri ha poi affrontato i presunti malumori dell’imprenditore Francesco Barachetti. Come raccontato ai magistrati, quest’ultimo “pretendeva” di avere più soldi nell’affare del capannone di Cormano ma Di Rubba “lo tranquillizzò, prospettandogli le ulteriori commesse che avrebbe avuto sia da Carrara”, altro imprenditore, “che dalla Lega”.
Sempre Scillieri ha poi raccontato come la progettazione dell’affare di Cormano risaliva al 2016 e che, come messo nero su bianco dai magistrati, esisteva un “accordo intercorrente” con Di Rubba e Manzoni “circa la restituzione al partito di una parte degli emolumenti derivanti dagli incarichi ricevuti con nomine di matrice politica”. Tra questi, sempre secondo il commercialista, ci sarebbe anche “l’incarico da me ricevuto” che “aveva una matrice politica” in quanto “la Regione nomina Di Rubba (a presidente di Lombardia film commission, ndr) e Di Rubba nomina me. Era prassi che una quota degli emolumenti venisse restituita al partito. Se non avessi fatto cosi’ non avrei avuto altri incarichi (…)”.