Giudizio immediato per il colonnello dell’Arma, Alessandro Sessa, già coinvolto nel caso Consip, e altri sette indagati nell’inchiesta dell’Antimafia di Roma denominata “Dirty Glass”. Il gip Antonella Minunni, come chiesto dai pm antimafia Luigia Spinelli, Barbara Zuin e Claudio De Lazzaro, ha disposto un processo a distanza di tre mesi dagli arresti per imprenditori, investigatori e faccendieri ritenuti coinvolti in un sistema criminale fatto di reati fiscali, tributari, fallimentari, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, intestazioni fittizie di beni, falsi, corruzione, riciclaggio, accessi abusivo a sistemi informatici, rivelazioni di segreto d’ufficio, favoreggiamento reale, turbative d’asta, sequestro di persona e detenzione e porto di armi da fuoco.
A finire imputato è così il colonnello Sessa, già a giudizio con l’accusa di depistaggio nel caso Consip. In “Dirty Glass” l’ufficiale è considerato uno degli investigatori che avrebbero protetto e aiutato negli affari illeciti l’imprenditore pontino Luciano Iannotta in cambio di alcune utilità, a partire da un’auto e un telefonino. Un ufficiale che sarebbe arrivato al punto di mettere a disposizione dell’amico imprenditore, già abbondantemente noto alle forze dell’ordine, il suo stesso alloggio di servizio a Roma.
A giudizio, oltre allo stesso Iannotta, fino al giorno dell’arresto presidente della Confartigianato di Latina e del Terracina Calcio, sono quindi stati mandati anche l’imprenditore Luigi De Gregoris, il fisioterapista Natan Altomare, il maresciallo dell’Arma, Michele Carfora Lettieri, gli imprenditori Antonio e Gennaro Festa, e Pio Taiani. Sessa, nello specifico, secondo l’Antimafia di Roma, avrebbe riferito a Iannotta notizie e informazioni “attinenti al proprio ufficio, mettendosi a disposizione per il compimento di attività di osservazione finalizzate alla verifica e accertamento dell’indentità di appartenenti all’Aisi”. L’imprenditore pontino sarebbe infatti riuscito a inserire nella sua rete, per ottenere favori e informazioni riservate, anche uomini degli apparati di sicurezza, che si recavano persino nella sua villa a Sonnino, piccolo centro in provincia di Latina. Aspetti quest’ultimi su cui le indagini sono ancora in corso, tese a far luce su tutti quelli che, indossando una divisa, avrebbero giocato nel campo contrario.