Le leggi si applicano e non si interpretano. Vale così per tutti. In caso contrario verrebbe meno la certezza del diritto. Quando le leggi si applicano ai potenti c’è però sempre chi alza la mano e cerca una scappatoia. Ed ecco che, revocato il vitalizio a Ottaviano Del Turco, come previsto dalla deliberazione del Consiglio di presidenza del Senato del 7 maggio 2015, voluta dall’allora presidente Pietro Grasso, relativa alla cessazione dei vitalizi per i senatori che hanno riportato condanne definitive particolarmente gravi, si è creato un movimento bipartisan che indica quell’applicazione della norma come uno scandalo.
Nessun cenno al fiume di denaro concesso illecitamente a diversi imprenditori della sanità abruzzese e al giro di tangenti dirette all’allora giunta regionale dem. Nulla sulle mazzette prese da Del Turco e sulla cosiddetta “sanitopoli”. L’esponente dem sta male e tanto basta per farne un martire, sostenuto da esponenti tanto di destra quanto di sinistra e da numerosi quotidiani, dal Giornale al Riformista, fino al Manifesto.
LA TROVATA. Davanti a tanti paladini di Del Turco, a cercare una scappatoia alla norma che prevede la perdita del vitalizio per i condannati, è intervenuta direttamente la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, convocando un Consiglio di Presidenza “ad hoc” per domani alle ore 15. L’ex ministro socialista Claudio Martelli, sulla sua pagina Facebook, ha parlato addirittura di “infamia” per la revoca del vitalizio, ricordando che “Del Turco è malato di tumore e affetto da Alzheimer e Parkinson da più di un anno ed è segregato in casa in stato di incoscienza”. “Essere puniti retroattivamente per reati che non esistevano al momento della presunta commissione dei fatti è già un’oscenità giuridica contro la Costituzione”, ha aggiunto. E a chiedere la restituzione del vitalizio all’ex governatore sono, tra gli altri, il dem Luigi Zanda, Maurizio Gasparri di Forza Italia, e Maurizio Lupi di Noi con l’Italia. Un appello a cui non sembra insensibile la Casellati.
IL PUNTO. Mentre passa come un’infamia l’applicazione della legge e si cerca a quanto pare di interpretare la norma, nessuno però parla della vicenda per cui è stato condannato in via definitiva l’esponente del Partito democratico, sindacalista ed ex segretario del Partito socialista italiano, a cui tra l’altro, senza tanto clamore, l’assegno lo aveva già tolto la Regione Abruzzo. L’ex governatore, seppur ridotto da 6.590 euro a 5.507 euro, continuava a percepire il vitalizio nonostante una condanna definitiva a 3 anni e 11 mesi di reclusione per induzione indebita a dare o promettere utilità, emessa nel 2017 dalla Corte d’Appello di Perugia e confermata dalla Cassazione.
Una sentenza emessa al termine del processo scaturito dall’inchiesta della Procura di Pescara sulla gestione della sanità privata in Abruzzo, con l’imprenditore Vincenzo Angelini, titolare di Villa Pini a Chieti, che rivelò ai magistrati di aver pagato tangenti per 15 milioni di euro in cambio di favori. Mazzette pagate in cambio di ricchi e illeciti rimborsi ai privati della sanità per prestazioni sanitarie non dovute. “Ora chi risarcirà i cittadini abruzzesi?”, chiese dopo la condanna l’ex capo della Procura di Pescara, Nicola Trifuoggi. “Mi chiedo alla luce della condanna definitiva di Del Turco – aggiunse – chi risarcirà l’intero popolo abruzzese dei danni fatti alla sanità regionale”. Ma su tale particolare nessuno grida allo scandalo.