Incredibile ma vero: il finto scoop sulle consulenze date da Philip Morris alla società di servizi internet di Davide Casaleggio, per quanto in modo pubblico e da anni, potrebbe fare una vittima eccellente: la salute di milioni di fumatori. A rischiare, infatti, non sono tanto il figlio del fondatore dei 5 Stelle e la multinazionale del tabacco – che si sono già abbondantemente rivolti ai tribunali per tutelarsi dalle accuse di aver usato quelle consulenze come contropartita di tagli fiscali sulle sigarette – quanto i consumatori che cercano di smettere, peraltro tartassati. Sullo sfondo degli articoli pubblicati sostanzialmente da un solo giornale – Il Riformista – proprio a ridosso della nuova Manovra finanziaria (guarda che coincidenza!) c’è la decisione che il Parlamento sta per prendere sul prelievo da applicare a sigari, tabacco trinciato, sigarette tradizionali ed elettroniche.
Ciascuno di questi prodotti ha da anni un proprio regime fiscale, come negli altri paesi europei. Nello specifico, il tabacco trinciato, i sigari e i prodotti senza combustione (sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato) pagano un’accisa inferiore rispetto alle sigarette in quanto è dimostrato che i fumatori tradizionali stanno diminuendo proprio in parallelo con l’aumento delle sigarette elettroniche (dati del Ministero della Salute). Basti pensare che solo durante l’emergenza Covid, 600mila persone hanno lasciato il “pacchetto”, a fronte di 500mila che sono passati alle sigarette elettroniche e 100mila che hanno smesso del tutto. Un trend confermato dall’ultimo Libro Blu 2019 dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, in cui si certifica il ruolo che i prodotti senza fumo stanno avendo sul consumo di sigarette in Italia, con un calo delle sigarette negli ultimi due anni senza precedenti (-6,80%, in volume, dal 2017), trainato non solo dalle campagne anti-fumo, ma soprattutto dalla sostituzione delle sigarette con i prodotti senza combustione.
COME FUNZIONA IL SETTORE. Qual è allora la situazione attuale e cosa potrebbe accadere? Il livello della tassazione in Italia è il seguente: i prodotti da inalazione senza combustione (tabacco riscaldato) pagano il 25% della tassazione prevista per le sigarette tradizionali; i liquidi da inalazione con nicotina (e-cig) pagano il 10% della tassazione prevista per le sigarette tradizionali; i liquidi da inalazione senza nicotina (e-cig) versano il 5% della tassazione prevista per le sigarette tradizionali. Così la leva fiscale aiuta a ridurre la platea dei fumatori di sigarette tradizionali, tant’è che tale normativa fu accolta con ampio favore da tutto il settore, piccoli e grandi produttori di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, compresi coloro che oggi, contrariamente a quanto dichiarato allora, chiedono di riequilibrare il quadro fiscale per arginare il calo delle sigarette. Qui però è sin troppo facile intravedere un soggetto specifico, la British American Tobacco (Bat), cioè il produttore che più di ogni altro negli ultimi mesi ha apertamente manifestato il proprio malcontento per questa situazione.
Al di là del fatto che uno degli autori degli articoli sulla vicenda Casaleggio-Philip Morris si è scoperto lavorasse per la stessa società di lobby che segue Bat, in una recente intervista sul Quotidiano Nazionale (16 novembre 2020) l’azienda, attraverso un suo rappresentante, ha chiesto pubblicamente che a fronte della sostituzione in atto nel mercato, si faccia un riequilibrio della tassazione tra sigarette e nuovi prodotti, aumentando le tasse solo sui prodotti a tabacco riscaldato. L’idea di Bat è che – testuale – “andrebbe ripristinata l’aliquota originale dell’accisa per il tabacco riscaldato come era fino al 2018, ovvero 50% rispetto alle sigarette”. Una proposta in linea con gli emendamenti appena presentati da diversi parlamentari: Martinciglio (M5S), Muroni (Leu), Rosato (IV), dove si prevede un raddoppio, e in alcuni casi fino al 60%, della tassazione esistente, con aumenti di prezzo dei pacchetti di oltre un euro. Gli emendamenti, tra l’altro, intervengono per alzare le accise solo del tabacco riscaldato, senza dire nulla invece sulle sigarette (che rappresentano l’85% dei consumi totali). Una perfetta coincidenza (ma guarda di nuovo il caso!) con le strategie annunciate ufficialmente da Bat per mantenere il mercato delle sigarette.
GIOCO SCOPERTO. Nelle sue presentazioni agli investitori (Capital Markets Day presentations 2019 e Capital Markets Day, “A Better Tomorrow driving Shareholder Returns” – marzo 2020) la multinazionale che vende i marchi Rothmans, MS, Lucky Strike, ecc. indicava la seguente direttiva di crescita per i prossimi anni: 1) Difesa del mercato delle sigarette classiche; 2) Contrasto ai prodotti a tabacco riscaldato, attraverso accise più alte, in quanto erodono il mercato delle sigarette. Ora, sebbene Bat abbia provato negli ultimi anni a sviluppare prodotti a tabacco riscaldato, sempre nelle presentazioni agli investitori ha ammesso di non essere riuscita a commercializzare un prodotto competitivo nel segmento del tabacco riscaldato, che sta facendo ridurre il consumo di sigarette e attira meno nuovi fumatori. Molto interessante, in tal senso una recente ricerca del Prof. Spallone del Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Finanziari (CASMEF) che da 9 anni collabora con Bat. Tale lavoro, presentato alla LUISS il 24 novembre scorso, conclude che le variazioni della domanda di tabacco riscaldato impattano sistematicamente sulla domanda di sigarette tradizionali, e in modo permanente.
PRENDI 10, PAGHI 100. A tutto questo, infine, va aggiunto il fattore salute. Sebbene le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato non siano privi di rischio, sono sicuramente delle alternative valide rispetto alle sigarette per tutti coloro che continuerebbero a fumare, come attestano la “Food and Drug Administration” americana, la “Public Health England” del Regno Unito, la “National Institute of Public Health (Japan)” in Giappone e il “National Institute for Public Health and the Environment (RIVM)” in Olanda. Ora, tutti gli addetti ai lavori sanno che l’attuale fiscalità di vantaggio non è dovuta a un diverso profilo di rischio per la salute, in quanto non esiste in Italia, né in Europa, una tassazione in base al rischio, altrimenti non si spiegherebbero i regimi di tassazione differenziati per i sigari e il tabacco trinciato, però i danni del fumo tradizionale alla salute è certo, e ora sarebbe grottesco se il legislatore, per non farsi dire dietro di favorire (ed è tutto da accertare) Casaleggio o chicchessia, tartassi l’unico strumento che sta facendo allontanare migliaia di fumatori dalle sigarette più pericolose. In questo caso qualcuno ringrazierà, ma poi non si parli più di vero contrasto al fumo, soprattutto se si considera che l’eventuale nuovo gettito fiscale sarà un’inezia rispetto al costo sociale e sanitario che l’attuale numero di fumatori di sigarette riversa ogni anno sullo Stato.