di Angelo Perfetti
Sulle televisioni sembrava l’attesa per i rigori dell’Italia contro la Francia ai mondiali di calcio, sulla rete assomigliava più ad una gravidanza isterica. Le ore precedenti alla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset hanno raggiunto livelli parossistici. Poi, dopo quasi sette ore di camera di consiglio, la sentenza: confermata la condanna a Silvio Berlusconi a quattro anni, che diventa dunque definitiva. Annullata con rinvio la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, fino ad oggi a 5 anni. Per questa parte la sentenza è stata rinviata alla Corte d’appello di Milano per un’eventuale rideterminazione. Impensabile che questa sentenza non cambi nulla, ma difficile da ipotizzare anche un’uscita di scena definitiva del Cavaliere. Per diversi motivi. Prima di tutto gli anni di condanna effettivi scendono a uno per via della legge sull’indulto varata nel 2006, e a un anno potrebbe scendere anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Col risultato che Berlusconi sarebbe abile e arruolato per la politica (anche se non per il Parlamento) già nel 2015, col le stimmate del martire. Secondo poi per il fatto che gran parte dell’elettorato di centrodestra è pronto a rivotarlo, e anche all’interno del partito si ha la consapevolezza che senza il Cavaliere non c’è alternativa credibile. In nome del popolo italiano, ha detto leggendo la sentenza il presidente della terza sezione penale della Corte di Cassazione, Antonio Esposito; ma proprio quel popolo italiano potrebbe rilegittimare Berlusconi al di là di ogni ragionevole dubbio. Con buona pace di una sinistra già oggi invischiata in correnti e beghe interne tali da non garantirne la stabilità futura.
La legge anticorruzione
Certo, al momento la conseguenza della sentenza della Cassazione è che Berlusconi non potrà più candidarsi. Un’ultima, flebile speranza, c’è riguardo al presente, ma secondo diversi pidiellini conoscitori del diritto, la nuova legge anticorruzione fa sì che il Cavaliere sia subito da dichiarare ineleggibile.
Ad ostacolare il cammino di Berlusconi in Parlamento non e’ tanto la pena accessoria dell’ interdizione dai pubblici uffici quanto l’articolo 3 del decreto legislativo Anticorruzione, approvato nel 2012 con l’allora Guardasigilli Paola Severino. La norma infatti parla chiaro: se sopravviene una condanna definitiva durante il mandato di parlamentare, la Camera di appartenenza deve deliberare ai sensi dell’art. 66 della Costituzione, che disciplina la sopravvenuta ineleggibilità e incompatibilità (‘’Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità’’).
La Giunta per le Immunità
Cioè la Giunta per le Immunità, in questo caso del Senato, si deve riunire e decidere, dopo aver avviato l’istruttoria del caso ed aver ascoltato la proposta del relatore. Toccherà poi all’Aula dire la parola definitiva con il voto segreto, se questo verrà richiesto da almeno 20 senatori. ‘’A tal fine – recita l’articolo 3 della legge Anticorruzione – le sentenze definitive di condanna emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza’’. Ma per Berlusconi, condannato in via definitiva per frode fiscale (reato la cui pena massima è 6 anni) a 4 anni di reclusione per la vicenda Mediaset, è determinante anche l’articolo 1 dell’ Anticorruzione. La norma dice che ‘’non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore’’ coloro che hanno riportato ‘’condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale’’ (per il caso di Berlusconi è la lettera (c) dell’art.1 che conta). Quindi non solo Berlusconi e’ a rischio di decadenza dall’attuale mandato di senatore, ma diventa incandidabile. A prescindere dalla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
La prima reazione
Tutto finito dunque? Nemmeno per idea. “Mi hanno condannato all’esilio, è stata la reazione a caldo, ma non mi arrenderò. Anche se c’è a tratti la voglia di abbandonare tutto e ritirarsi a vita privata: questo Paese è ingovernabile, è sotto scacco di una parte della magistratura. Ma è solo uno sfogo, una tentazione del momento, garantiscono i suoi fedelissimi. La rabbia, però, c’è ed è tanta: Sono sgomento, non credevo si potesse arrivare a tanto. Ho sempre creduto nella Cassazione, nel giudice a Berlino. Ma, come temevo, ha confessato subito dopo la lettura della sentenza ai suoi fedelissimi, non hanno perso l’occasione di farmi fuori dalla scena politica per sempre.
Il rilancio degli azzurri
Poi, dopo le 22, il messaggio ufficiale di 9 minuti, inviato a tutti i media. “Dal male come sempre dobbiamo far uscire un bene. Forza Italia rinascerà con le forze più giovani e valide dell’imprenditoria e delle professioni. Priorità: la riforma della Giustizia. Viva l’Italia e viva Forza Italia”. Il senso profondo del messaggio del Cavaliere, proposto “a braccio” e con un registro emotivo molto forte, è tutto qui. Nessun passo indietro, l’impegno politico va avanti.
“Un accanimento giudiziario che non ha eguali – ha detto Berlusconi – Nessuno può comprendere la violenza che mi è stata riservata con una serie di accuse e processi che non hanno alcun fondamento nella realtà, un vero e proprio accanimento giudiziario che non ha eguale nei paesi civili. In cambio di tutto ciò, dell’impegno che ho profuso in quasi vent’anni, giunto quasi al termine della mia vita attiva, ricevo in premio una sentenza che mi toglie la mia libertà personale e i miei diritti politici. E’ questa l’Italia che vogliamo? No di certo, per questo dobbiamo continuare la nostra battaglia di libertà, restando in campo, chiamando i giovani e la parte migliore del mondo dell’imprenditoria e del lavoro. Insieme a loro rimetteremo in campo Forza Italia e chiederemo agli italiani di darci quella maggioranza che è indispensabile, per fare le riforme a partire dalla più importante che è la giustizia”. Il governo resterà in piedi, ma la campagna elettorale è iniziata.