di Stefano Sansonetti
Le sigarette elettroniche della discordia. Il problema è che gli scontri, sul tema, sono all’interno del governo guidato da Enrico Letta, protagonista di un atteggiamento a dir poco contraddittorio. Ed è solo un eufemismo. I fatti sono eloquenti. Ieri il senato ha approvato il cosiddetto “decreto Lavoro-Iva”, che adesso passerà alla camera per completare l’iter di conversione. Il provvedimento esce da palazzo Madama con una norma, introdotta da un emendamento, che equipara le sigarette elettroniche alle “bionde” in materia di divieto “pubblicitario e promozionale”. Insomma, divieto di pubblicità trasversale. Peccato che questa norma fosse già presente nel testo in entrata portato al consiglio dei ministri di fine giugno. In sede di esame, però, il divieto di pubblicità per le e-cig era saltato dopo un intervento del ministro della salute, Beatrice Lorenzin. La quale aveva ottenuto di affrontare il tema in un disegno di legge ad hoc, che il suo dicastero sta elaborando. L’obiettivo della Lorenzin è quello di ammettere la pubblicità per le sigarette elettroniche, anche se entro certi limiti. Il testo del dicastero della Salute, in fase di lavorazione, dice in sostanza che la pubblicità di marchi e liquidi per ricariche di sigarette elettroniche è consentita solo se riporta in modo visibile la presenza di nicotina e i rischi di dipendenza. In più impone un codice di autoregolamentazione alle emittenti radiotelevisive e alle agenzie pubblicitarie. Come si vede, si tratta di un impianto ben diverso da un secco divieto di pubblicità. Ebbene, smentendo l’accordo raggiunto in consiglio dei ministri, e andando contro un provvedimento normativo a cui sta lavorando un suo ministro, il governo l’altro ieri ha dato il via libera a un emendamento del gruppo Autonomie che reintroduce il divieto di pubblicità. Un vero capolavoro, non c’è che dire. Dietro al quale, però, c’è molto altro.
Cosa è successo in aula
A palazzo Madama l’emendamento è passato l’altro ieri con il parere favorevole del governo, rappresentato nell’occasione dal viceministro dell’economia, Stefano Fassina. Il quale, secondo quanto è possibile ricostruire, non ha opposto obiezioni semplicemente perché non ha riscontrato problemi di copertura. Domanda: Fassina era a conoscenza del fatto che il governo di cui fa parte aveva fatto saltare il divieto da lui di fatto reintrodotto? Sono in molti a giurare che l’ex responsabile economico del Pd sia solo una “vittima” dell’anarchia parlamentare che si è vissuta l’altro giorno. Ma questo non giustifica un modo di procedere del tutto schizofrenico da parte dell’esecutivo. Semmai la “giustificazione”, se così si può dire, va rintracciata in un durissimo scontro di potere tra lobby: da una parte i tabaccai, rappresentati dalla loro federazione, dall’altra le multinazionali, con gruppi come Philip Morris e Bat in testa.
Guerra tra lobby
Le posizioni sono sin troppo chiare. Ai tabaccai la sigaretta elettronica non piace. Innanzitutto non vedono di buon occhio tutti gli altri esercizi commerciali che stanno vendendo il prodotto. In più sono legati alle “bionde” proprio per una questione di “immediatezza” della vendita. Inutile dire che il peso dei tabaccai è molto incisivo. Basti pensare che attraverso la loro rete, ormai, passa tutto un sistema di pagamenti che va dalle multe a imposte varie. In più, a quanto pare, le loro istanze hanno sempre un ascolto attento da parte del sottosegretario dell’economia Alberto Giorgetti. Le multinazionali come Bat e Philip Morris, invece, vorrebbero puntare sulle e-cig in Italia, esattamente come hanno già fatto in altri paesi. Già seccati dall’imposizione di una maxitassa al 58,5% sulle sigarette elettroniche, i grandi gruppi vorrebbero norme a loro più favorevoli. Per questo hanno accolto con favore il ddl a cui sta lavorando la Lorenzin (predisposto peraltro citando gli studi scientifici secondo i quali la e-cig è meno dannosa delle sigarette tradizionali per la salute). Sul piatto rimane un pasticcio incredibile da parte del governo. Pasticcio, però, in qualche modo indotto dalle pressioni confliggenti di due gruppi di potere.