Una cosa sono le chiacchiere di Matteo Salvini, altra cosa sono i risultati ottenuti su export e tutela del made in Italy. A dirlo? I numeri e i fatti. Fatti che, secondo quanto specifica Mirella Emiliozzi, deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Esteri, dimostrano come “il governo italiano abbia messo a punto uno strumento per aiutare le nostre imprese ad affrontare la crisi da Covid-19”.
Eppure Salvini è convinto: il governo ha abbandonato al loro destino aziende e imprese…
Dobbiamo distinguere le chiacchiere come quelle di Salvini sulla generica difesa del made in Italy dai fatti e i fatti sono che il governo italiano ha cambiato completamente l’approccio alla promozione del marchio nazionale sui mercati esteri e il modo in cui sostiene e affianca le aziende italiane. Con il Patto per l’Export – promosso e coordinato dal ministero di Luigi Di Maio – abbiamo messo a punto uno strumento per aiutare le nostre imprese ad affrontare la crisi generata dall’emergenza Covid-19. Oltre a offrire indennizzi per le imprese che soffrono per le misure di lockdown, abbiamo infatti pensato a un piano ad hoc di investimenti volto alla conquista di quote di mercato internazionale per le imprese italiane.
Dunque non è vero che il made in Italy è stato abbandonato?
Nessun governo aveva mai investito tanto sul Made in Italy. Abbiamo pensato, innanzitutto, a una campagna di promozione globale orientata al riposizionamento del brand sui 27 mercati più proficui per le nostre imprese: 50 milioni di investimento dallo Stato che arrivano a quasi 500, se si sommano le aziende private che hanno annunciato di volersi innestare nella campagna. Secondo, un piano di finanziamento per progetti di sviluppo e riposizionamento delle nostre PMI sui mercati esteri: oltre 900 milioni stanziati sul fondo 394 solo per il finanziamento e l’attuazione di alcune migliaia di progetti operativi di imprese private. Terzo: posizionamento strategico del Paese su teatri di sviluppo economico futuro in tutto il mondo, tra cui Stati Uniti, Cina e area sud Pacifica, area mediterranea, golfo di Aden e golfo Arabico.
Quali sono i numeri reali derivanti dal patto per l’export?
Le prime rilevazioni mostrano un doppio segno positivo: +2,1% a settembre 2020 rispetto a settembre 2019 e +2,7% rispetto ad agosto. Anche i dati del terzo trimestre di quest’anno registrano un +30,4% rispetto al secondo trimestre. Il dato più significativo è però quello sull’export verso la Cina, l’unico grande paese acquirente che ha pienamente superato le limitazioni legate al virus: nello scorso trimestre l’export verso la Cina ha registrato il +33,0%. Se questo trend verrà confermato per altri mercati che usciranno dalla situazione pandemica, potremo parlare di un export con indici di crescita a doppia cifra. Un bel risultato, per un paese abituato agli zero virgola.
È indubbio, però, che la situazione rimane critica. Ci sono altri provvedimenti in merito all’export e alla tutela del made in Italy previsti da qui alla manovra?
Nella manovra verrà confermato e rifinanziato il patto per l’export per oltre un miliardo di Euro, inoltre sono allo studio decontribuzioni per il rilancio degli investimenti, dell’occupazione e della riqualificazione delle imprese sia in ambito digitale che in quello della sostenibilità. Ma la vera novità, e questo è merito del Movimento 5 Stelle, è il cambio di approccio: abbiamo improntato la strategia economica sull’investimento e non solo sul ‘risparmio’, con il chiaro obiettivo di generare valore aumentando il tasso di qualità percepita e posizionando le nostre imprese, i nostri prodotti e il nostro stesso Paese ai vertici di ogni categoria merceologica.
Altro tema scottante è quello delle delocalizzazioni. Non c’è il rischio che altre aziende emigrino altrove?
Questo rischio è sempre presente e l’unica cosa da fare per minimizzarlo è alzare il livello di convenienza nella permanenza delle imprese in Italia. Per questo è così importante il cambio di approccio di cui abbiamo parlato prima. Io stessa sto presentando un emendamento alla finanziaria che va esattamente in questa direzione: dobbiamo rendere il nostro Paese attrattivo, in maniera che non sia più necessario competere sul piano esclusivo dei costi. E premiare chi decide di restare qui.