Davanti ai magistrati era rimasto muto come un pesce ma ora l’imprenditore Francesco Barachetti sembra aver ritrovato la voglia di parlare. Sfortunatamente per la Procura di Milano, diretta dal procuratore Francesco Greco (nella foto), non lo ha fatto per raccontare la sua versione sull’inchiesta legata all’acquisto dell’immobile di Cormano da parte della Lombardia film commission per la quale è finito ai domiciliari con l’accusa di peculato ed emissione di fatture false, ma per chiedere la revoca dell’ordinanza cautelare. Sull’istanza, depositata al Riesame dai legali Matteo Montaruli e Massimo Borghi, si dovrà esprimere il giudice di Milano in un’udienza non ancora messa in calendario ufficialmente anche se dovrebbe tenersi durante la prossima settimana.
IL PERSONAGGIO. L’imprenditore, già ribattezzato “l’elettricista della Lega” perché ritenuto dai pm come uomo “molto vicino al Carroccio”, è considerato dagli inquirenti come “il principale artefice di una complessa architettura contrattuale” che, attraverso l’incremento dei costi di una ristrutturazione effettuata solo sulla carta, avrebbe gonfiato il prezzo fino ad 800mila euro del capannone di Cormano nel milanese. Quest’ultimo, come noto, tra il 2017 e il 2018 è stato venduto alla Lombardia Film Commission, ente che si occupa della promozione cinematografica in Regione e che è partecipato dal Pirellone. Un affare che, stando alle indagini, avrebbe fruttato all’imprenditore la bellezza di 201mila euro.
Contrariamente a quanto potrebbe sostenere qualcuno, non si tratta di un personaggio secondario in questa vicenda perché i pm, come si legge negli atti dell’inchiesta, lo definiscono come un “personaggio legato ai commercialisti Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni” e “più in generale al mondo della Lega”. Sospetto, questo, che è emerso anche da alcune segnalazioni di Bankitalia secondo cui Barachetti avrebbe ottenuto dal Carroccio o da entità ad esso collegate, come la Pontida Fin, oltre 2 milioni di euro negli ultimi anni. Timori confermati anche da una più recente informativa della Guardia di Finanza, anch’essa finita nel corposo fascicolo, da cui sono emersi elementi che dimostrerebbero che i contabili della Lega lavoravano all’operazione, assieme all’imprenditore Barachetti, da quasi 13 mesi prima della vendita effettiva, che risale al dicembre 2017.
I PRECEDENTI. La richiesta di Barachetti segue, di poco più di un mese, quella dei due commercialisti Di Rubba e Manzoni. Proprio i fiscalisti, convinti di poterla spuntare, avevano tentato la sorte chiedendo la scarcerazione ma il Tribunale del Riesame di Milano li ha gelati confermando la misura degli arresti domiciliari e spiegando, nelle motivazioni del provvedimento, che Manzoni e Di Rubba sono “uomini di partito”. Chi, invece, ha avuto maggior fortuna è stato Luca Sostegni che, arrestato sempre nell’ambito di quest’inchiesta, dopo aver deciso di collaborare coi pm è riuscito a strappare il parere positivo del gip Giulio Fanales che, il 20 novembre, lo ha scarcerato a fronte di una “collaborazione proficua fornita dall’indagato allo sviluppo delle indagini, unitamente alle dichiarazioni ammissive in ordine alle proprie responsabilità, che consente di ritenere intervenuto un primo affievolimento del pericolo di reiterazione ” del reato, così da “rendere allo stato adeguata (…) la misura meno afflittiva rappresentata dagli arresti domiciliari”.