Alla fine Carlo Giovanardi l’ha spuntata. O meglio almeno è riuscito a guadagnare un po’ di tempo. Mandato a giudizio davanti al Tribunale di Modena (leggi l’articolo) per presunte pressioni che avrebbe fatto nei confronti della Prefettura della sua città per favorire una ditta considerata vicina alla ‘ndrangheta e per le minacce ai carabinieri impegnati in quell’indagine, l’ex senatore aveva già ottenuto dalla Giunta l’utilizzo nel processo di una sola intercettazione tra quelle che il giudice aveva chiesto di poter utilizzare.
Una vicenda quest’ultima su cui deve ancora pronunciarsi l’Aula. Visto che nel disporre il giudizio immediato il gip ha sostenuto che le prove a carico dell’imputato sono evidenti a prescindere dalle intercettazioni, aggiungendo però che potrebbero essere utilizzate se necessario nel corso del dibattimento, l’ex ministro ha quindi cercato di ribaltare a suo favore tale sottolineatura, sostenendo che quel materiale non è necessario e dunque andrebbe subito distrutto.
Una richiesta fatta con una nota a Palazzo Madama, in cui si è opposto anche all’eventuale utilizzo di immagini registrate da uno dei soggetti coinvolti nelle indagini. E la Giunta ha deciso di inviare una lettera per il tramite della Presidenza del Senato all’autorità giudiziaria chiedendo chiarimenti e informazioni, riservandosi “di attivare eventualmente in futuro un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale”. Dopo il giudizio immediato disposto nei suoi confronti Giovanardi vede una luce.