Tg2 Post, il nuovo spazio informativo del telegiornale di Rai Due, è partito nel febbraio 2019, sostituendo di fatto la striscia quotidiana di Quelli che… dopo il tg. Allora ci fu qualche polemica da parte di Luca e Paolo, conduttori della trasmissione insieme a Mia Ceran, per la scelta della rete; il trio comunque continua a dimostrare la sua verve e la sua ironia ogni domenica alla guida di Quelli che il calcio. A Gennaro Sangiuliano, direttore della testata giornalistica, e all’allora direttore di rete Carlo Freccero sembrava tuttavia più coerente prolungare l’effetto informativo del telegiornale delle 20.30 con una striscia di approfondimento che articolasse e spiegasse le notizie contenute nel Tg stesso.
Una sfida coraggiosa se si considera che Rai Due ormai da molti anni è un canale che fatica a trovare una propria identità (ora ci sta provando Ludovico Di Meo, l’attuale coriaceo direttore, per diversi anni responsabile de L’Arena di Massimo Giletti degli anni d’oro). È dai tempi della direzione generale di Pierluigi Celli che il mandato dei vertici di Viale Mazzini è ringiovanire. Da allora sono passati due decenni ma l’obiettivo non è semplice da raggiungere. Bisogna anche ammettere che non sempre i vertici dell’azienda hanno poi veramente investito e puntato sulla rete, fatta eccezione per la felice parentesi di Freccero.
Molto spesso è stata usata come parcheggio o deprivata dei suoi prodotti migliori, come i programmi di Michele Santoro (i cui share oscillavano tra il 18 e il 20%), per non parlare, più recentemente, della fugace presenza di Fabio Fazio, parcheggiato per un anno, per poi essere destinato a Rai Tre. Non è un caso che Sangiuliano si sia lanciato in questa nuova sfida. E la scommessa è vinta: Tg2 Post si è fatto largo in una rete che sul piano del posizionamento di marketing è problematica e in continua evoluzione. La conduzione è stata messa a punto, affidandola dapprima a Francesca Romana Elisei e ora stabilmente nelle mani di Manuela Moreno (nella foto), ex corrispondente dagli Stati Uniti e prima ancora inviata in alcune delle zone più problematiche del mondo.
Il format si è poi perfezionato ricavandosi uno spazio originale a cavallo fra politica ed elaborazione culturale, con un occhio attento pure al costume, come nella migliore tradizione del Tg2. Ottima altresì la scelta di riassumere i fatti del giorno nell’introduzione per poi stagliarsi nel dibattito sempre pacato ma non privo di spunti dialettici. Di prestigio e di diversa estrazione gli ospiti che si sono avvicendati nel salotto della Moreno: dai vari Salvini, Meloni, Gualtieri, Renzi, Bettini in ambito politico, a magistrati di peso come Nicola Gratteri, fino al Premio Nobel Shirin Ebadi, all’ambasciatore israeliano Dror Eydar, all’eminente storico Emilio Gentile, al docente di sociologia alla Cattolica Mauro Magatti.
Tutti questi fattori hanno contribuito al successo anche dal punto di vista degli ascolti. Osservando infatti i numeri forniti da OmnicomMediaGroup, multinazionale quotata a Wall Street che realizza dati e analisi per le più grandi aziende del mondo che pianificano pubblicità in Italia, vediamo che nel periodo settembre-novembre 2020 il talk ha tenuto una media di 1.165.565 spettatori con uno share del 4,4%, realizzando un rilevante +32% sull’audience dello stesso periodo del 2019 e +1% nello share. Per quanto riguarda il profilo sociologico, la quota femminile di Tg2 Post è superiore rispetto a quella maschile (54% donne vs 46% uomini) con circa il 79% dell’audience che ha più di 45 anni.
Le regioni che riportano gli share maggiori sono Lazio, Piemonte e Sardegna, mentre quelli minori si registrano in Sicilia e Calabria. Va sottolineata la quota in termini di share dei laureati (6,0%), decisamente superiore rispetto all’attuale media del programma (4,4%). Inoltre, sempre relativamente allo share, rispetto a settembre-novembre 2019 è aumentata dell’1,3% l’incidenza nella fascia giovane 15-34 anni, passando dal 2,8% al 4,1%. Insomma, Tg2 Post è diventato un brand Rai. E non era scontato nell’era dei social che tutto divorano e che si pongono sempre più in competizione col consumo generalista. Unico neo: 20 minuti sono pochi. La competizione con Otto e mezzo e Stasera Italia quindi, sul piano della durata, non è ad armi pari.