di Oscar Valori
Ancora un appalto di Expo. E ancora polemiche. Una gara assolutamente regolare, sia chiaro. La questione è piuttosto di “opportunità”, legata alla partecipazione agli appalti di società dal nome in qualche misura già “compromesso”
Le “Vie d’Acqua” a Maltauro
La notizia è quella dell’aggiudicazione dell’ennesima gara di appalto legata all’esposizione del 2015. Parliamo della gara per la realizzazione della via d’acqua sud, nell’ambito delle opere del “progetto vie d’acqua-vie d’acqua sud-canale e collegamento darsena-Expo/Fiera”, le cui buste sono state aperte lo scorso 18 giugno. L’appalto, importo complessivo stimato di circa 54 milioni di euro, comprende oltre al collegamento idraulico fra il sito Expo e il Naviglio Grande altre opere tra cui alcune connessioni ciclopedonali e la realizzazione di due nuovi ponti pedonali sul Naviglio Grande. Ad aggiudicarsi la gara? Un colosso del calibro della vicentina Maltauro S.p.A., mandataria di una cordata di altre aziende.
Da Di Pietro a Gheddafi
Un nome assai noto a chi si occupa di appalti milionari, soprattutto nel settore delle grandi opere pubbliche , e nei cinque continenti. L’appalto, che dovrà essere realizzato in circa 600 giorni, porta a quasi 3.5 miliardi di euro il valore complessivo del portafoglio di opere che la Maltauro gestisce in questo momento. Questioni di opportunità, dicevamo. Sì perché l’impresa, a partire dai suoi stessi vertici storici, non è nuova alle cronache giudiziarie, sin dai giorni caldissimi dell’inchiesta Tangentopoli. E’ infatti il 1992 quando Enrico e Giuseppe Maltauro vengono in qualche modo “travolti” dall’onda di piena dell’inchiesta giudiziaria, che li tira in ballo per presunti episodi di corruzione legati ad appalti per la realizzazione del collegamento tra Venezia e lo scalo aeroportuale Marco Polo. Un’onda che li porta a patteggiare pene inferiori all’anno, ma che non li allontana in seguito da altri e nuovi sospetti.
La ricostruzione dell’Aquila
Un’onda che li sfiora anche in occasione del terremoto aquilano e della ricostruzione, quando l’associazione temporanea d’impresa tra Maltauro e Gruppo Edimo porta alla realizzazione di oltre 4500 nuove abitazioni antisismiche (progetto “C.A.S.E.” ), i cui costi di costruzione vengono tuttavia ritenuti dagli esperti estremamente alti (il doppio dell’importo stimato per edifici della medesima natura e fattura). Costi forse eccessivi e ancora rischi di infiltrazioni, se la Edimal (in associazione temporanea con la stessa Maltauro) si trova a chiedere di subappaltare alcuni lavori all’“Impresa Generale Costruzioni” di Gela, ditta su cui la Direzione Investigativa Antimafia aveva già presentato ben quattro segnalazioni di presunta “vicinanza” ai clan. Ancora Maltauro e ancora inchieste, come quella aperta qualche anno fa a Pavia per una vicenda di smaltimento illecito di rifiuti in un’area di gestione dell’azienda o il casi della società Ecoveneta (gruppo Maltauro) che si trovò a gestire l’impianto di trattamento di rifiuti tossici di Porto Marghera, nel veneziano. Appena un anno dopo la piattaforma venne chiusa a seguito di sequestro dell’autorità giudiziaria. La pesante accusa lanciata dagli inquirenti? Traffico di rifiuti illegali. Da ultimo una curiosità internazionale: a quanto pare anche lo stesso bunker di Bab Al Aziziya, ultimo rifugio del dittatore libico Muhammar Gheddafi, sarebbe un’opera costruita dai tecnici dell’impresa vicentina, molto forte e radicata nel paese nordafricano. Fatti da cui emerge, permetteteci di porla, una domanda diretta al neo commissario straordinario di Expo, Giuseppe Sala: ribadendo nuovamente la piena liceità della gara d’appalto per le vie d’acqua di Expo, non ritiene debba esistere una questione di opportunità e un’immagine da difendere, prima ancora di qualsivoglia valutazione di correttezza nelle procedure di gara?