Mentre a Palazzo Madama la festa degli ex senatori è, per il momento, solo rimandata, a Montecitorio gli ex deputati hanno davvero poco da festeggiare. Se, infatti, gli ex inquilini della Camera Alta l’hanno spuntata in primo grado, ottenendo l’annullamento della delibera che dal primo gennaio 2019 aveva sforbiciato retroattivamente i loro ricchi vitalizi, i colleghi della Camera Bassa, invece, sono rimasti, almeno per ora, a bocca asciutta. La delibera che porta la firma del presidente Roberto Fico, infatti, è a tutti gli effetti ancora in vigore. Non solo. Dopo l’approvazione, mercoledì scorso, nell’Ufficio di presidenza di Montecitorio dei “criteri applicativi della sentenza del Consiglio di giurisdizione” (giudice di primo grado) dell’aprile scorso, solo una cinquantina dei 1.338 ricorrenti potrebbe per ora vedersi restituire parte del maltolto. Ma cosa prevede nel dettaglio il documento messo a punto dal Collegio dei questori?
La delibera Fico stabiliva la possibilità, per gli ex deputati, di richiedere un incremento dell’assegno previdenziale al sussistere di due requisiti: essere percettori di un reddito non superiore a 5.889 euro lordi e affetti da patologie tali da comportare un’invalidità al 100 per cento. Al ricorrere simultaneo di queste due condizioni, l’assegno poteva essere aumentato fino a un massimo del 50%. Il Consiglio di giurisdizione, però, ha di fatto modificato la norma (articolo 1, comma 7) della delibera. Stabilendo che, l’incremento del vitalizio possa essere disposto al sussistere anche di uno solo dei due requisiti e per importi anche superiori al 50%. E proprio in applicazione della sentenza, il Collegio dei Questori ha fissato i nuovi criteri nell’intento, da un lato di tenere conto delle situazioni di particolare difficoltà personale degli ex deputati, dall’altro, di preservare lo spirito e gli obiettivi della delibera Fico. Ovvero il contenimento della spesa pubblica.
Nello specifico, nel caso in cui i richiedenti possiedano entrambi i requisiti (indigenza e invalidità totale) il trattamento rideterminato è aumentato nella misura del 50 per cento. Se, invece, per gli istanti ricorra uno solo dei requisiti previsti (indigenza o invalidità totale), l’assegno può essere aumentato del 40 per cento. Ma non è tutto. C’è infatti il caso in cui i richiedenti siano titolari dell’assegno di reversibilità (spettante al coniuge superstite dell’ex deputato deceduto). In tal caso l’importo della pensione sarà aumentato di un ulteriore 25 per cento. Incremento previsto anche per i richiedenti che, alla data della presentazione dell’istanza, abbiano superato gli 80 anni. In ogni caso, però, non potrà essere oltrepassato il tetto massimo inderogabile “del 75 per cento del trattamento corrisposto prima dell’applicazione dei criteri di calcolo contributivi” previsti dalla delibera Fico. E non finisce qui.
Una volta ricalcolato l’assegno in base ai requisiti illustrati, l’ammontare dell’integrazione potrà essere eventualmente decurtata in base al reddito del richiedente. Nella misura del 10%, se il trattamento rideterminato e successivamente integrato sia compreso fra 60mila e 70mila euro lordi annui; del 20% (fra 70mila e 80mila); del 30% (fra 80mila e 90mila); del 40% (fra 90 e 100mila); del 50% (oltre i 100mila). Dopo la sentenza del Consiglio di giurisdizione, circa 300 ex deputati avevano fatto istanza al Collegio dei questori per ottenere l’integrazione del vitalizio. Tra questi, da una prima analisi e alla luce dei nuovi criteri applicativi, da quanto apprende La Notizia, solo una cinquantina dei circa 300 ricorrenti che avevano presentato istanza, potrebbe però vedersi riconosciuta l’integrazione. Ben poca cosa rispetto ai 776 ex senatori per i quali, se il Consiglio di garanzia di Palazzo Madama dovesse confermare il verdetto di primo grado, potrebbe tornare la cuccagna.