Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) non vuole lasciare inesplorata alcuna strada per arrivare a una definizione condivisa del dossier Autostrade e il passaggio della quota dell’88,06% in mano ad Atlantia (la holding dei Benetton) a una cordata composta dalla stessa Cassa con i Fondi Macquarie e Blackstone. Per questo fino a ieri sera si è lavorato alla presentazione della nuova offerta da fare arrivare oggi, data di scadenza del termine posto dal Cda di Atlantia, resosi indisponibile a posticipare l’assemblea dei soci di fine mese e dunque il gran rifiuto a vendere, nonostante il crollo del ponte di Genova, le inchieste in corso, la precisa richiesta del Governo di riavere con le buone la concessione, e le stesse manifestazioni di disponibilità (mai però seguite da fatti concreti) della società dei Benetton.
TEMPO SCADUTO. La nuova offerta, come già avvenuto in occasione della prima, sarà esaminata da una riunione del Consiglio d’amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti previsto nella serata di oggi che dovrà dare il via libera alla presentazione di cui si è appena detto, a cui farà seguito la riunione del board di Atlantia domani per la sua valutazione. Tra le condizioni poste da Atlantia c’era l’aumento del prezzo, che oscillava in un range di 8,9-9,5 miliardi, ma secondo quanto trapelato non è detto che il prezzo si discosti molto da questa forchetta. Atlantia chiedeva inoltre che l’offerta fosse vincolante e, anche se al momento non si hanno indicazioni che lo sarà, l’offerta dovrebbe comunque essere subordinata alla conclusione della trattativa tra il Ministero dei Trasporti e Autostrade per l’Italia (Aspi) sul piano economico e finanziario.
La nuova offerta, infine, a quanto si è appreso, confermerà la breve due diligence di dieci settimane per la definizione del prezzo finale e la firma di un Memorandum of understanding fra le parti. Dunque sarà questa la volta buona? Più di un indizio lascia poco spazio all’ottimismo, e non solo per la constatazione dei bastoni finora messi sempre tra le ruote dell’operazione da Atlantia. Il nodo centrale resta infatti il prezzo finale, e cioè la barca di soldi che Benetton e i fondi attuali azionisti intendono ricavare per uscire da un settore troppo generosamente regolato, a tal punto da avanzare ancora pretese su un prossimo adeguamento tariffario, con l’aumento dei pedaggi a carico degli automobilisti.
Su tale risvolto non c’è affatto concordia tra il concessionario e il Ministero di Infrastrutture e Trasporti, così come non c’è accordo sulla manleva per gli eventuali risarcimenti alle vittime di disastri come quello del viadotto Morandi e di altri incidenti lungo la rete. La trattativa finale si presenta dunque ancora in salita, nonostante l’impegno dell’Ad di Cassa Depositi, Fabrizio Palermo (nella foto), di mettere un punto a una vicenda che si trascina da troppo tempo. Questa sarà in ogni caso l’ultima chiamata per rilevare a condizioni di mercato la gestione di un asset pubblico, perché in caso di ulteriore diniego da parte di Atlantia, o di avventure come il tentativo di scorporo del ramo d’azienda e una improbabile quotazione in Borsa, il Governo potrebbe intervenire revocando la concessione stessa, rinviando poi l’intera partita a una battaglia legale dall’esito per i Benetton niente affatto scontato.