di Oscar Valori
Le concessioni statali legate all’esercizio del gioco attraverso slot sono a prova di infiltrazione criminale? Sarebbe quanto meno da augurarselo, considerato il rischio forte di finanziare i clan e di favorire in qualche modo il riciclaggio di denaro sporco. La storia che vi raccontiamo proviene da quel profondo Nord ormai da anni “infiltrato” dalle cosche calabresi e siciliane, e parrebbe dire il contrario. Cosa prevedono i Monopoli di Stato nel caso di richiesta di concessione pubblica? E’ la stessa Aams a spiegarlo: “La verifica dei requisiti e le operazioni necessarie per l’aggiudicazione provvisoria sono svolte da un’apposita commissione di selezione istituita e designata dal Direttore Generale. Requisiti che vengono monitorati costantemente nel corso della concessione, perché il venir meno di essi comporta l’interruzione del regime contrattuale con l’agenzia”. All’interno del gioco pubblico, terza economia del Paese, troviamo lo smisurato business delle slot, che con oltre 400mila apparecchi muove un giro d’affari di 40 miliardi di Euro.
Clan e slot
Concessioni dunque rigidamente assegnate e verificate, spiega Aams, che aggiunge: “I requisiti relativi all’onorabilità e specificatamente l’informativa antimafia vengono richiesti dall’Agenzia in fase di sottoscrizione della concessione e poi con periodicità annuale a regime”. Nessuno spazio dunque per soggetti che siano incorsi in condanne (anche non definitive), per reati tra cui quelli di criminalità organizzata e riciclaggio. Qualcosa però non ci torna nel caso della Piramide Games s.r.l. di Milano, tra i soggetti abilitati da Aams nell’ambito degli “apparecchi da divertimento”. Il via libera a dicembre 2011, per operare nel “noleggio di macchine, attrezzature ed apparecchi da intrattenimento”. Un’iscrizione in “sezione A”, quella riservata ai possessori di apparecchi e terminali tra cui “new slot “ e Vlt, ovvero i “Video Lottery Terminal”, tutti con vincite in denaro. A quell’epoca la società, evoluzione della “Milano Games srl”, ha già cambiato tre amministratori unici. Tra questi un certo Raffele Ferminio, nel 2010 arrestato nell’ambito di un blitz contro il presunto clan calabrese Valle-Lampada (e di Giulio Lampada Ferminio è il cognato). Ferminio a gennaio 2011 cede lo “scettro” a un altro Lampada, Giuseppe, che ad aprile 2013 lo passa infine ad Antonia Giuseppina Tripodi, madre dei fratelli Francesco e Giulio Lampada. Parliamo di quella stessa famiglia Lampada, partita nel ‘99 dalla Calabria e giunta in Lombardia a far fortuna, che Dda di Milano e di Reggio Calabria definiscono l’interfaccia lombarda dei Condello, altra potentissima “dinastia” in odore di malaffare.
Un’altra concessione
Nel 2013 alle due licenze Aams già in possesso dalla società, che dichiara in Camera di Commercio un deposito di 2500 euro e appena due impiegati, se ne aggiunge una terza. Il fatturato della Piramide Games? Non è dato saperlo, in quanto “l’azienda si trova ancora in una fase di inserimento nel mercato”, come spiega la visura camerale di cui siamo entrati in possesso . La compagine societaria della Piramide Games risulta inoltre aver “collezionato” una serie di protesti (tra assegni e cambiali), per circa 32mila euro. Responsabili a vario titolo i passati amministratori unici della società (da Lampada Grazio a Lampada Giuseppe), che forse tra cognomi scomodi e pregiudizievoli finanziarie hanno preferito passare la mano.
I dubbi
Restano aperti alcuni interrogativi, che giriamo ad Aams. Perché non è intervenuto lo stop alla concessione considerato l’arresto di uno degli amministratori della società (anche se prima della concessione stessa)?
E può ritenersi opportuna una licenza intestata a una familiare strettissima di persone coinvolte pesantemente in processi per mafia e riciclaggio? Ed esistono infine, ad oggi, altri “casi Piramide”? In questi giorni, nel frattempo, sono fioccate le condanne nel processo d’appello ai Valle-Lampada, con pene fino a 24 anni di carcere inflitte al “patriarca” Francesco Valle. “Nel solo anno 2011 il totale del gioco d’azzardo in Italia ha fruttato 79 miliardi – spiega il presidente della Commissione antimafia Comunale di Milano David Gentili -. Per l’Erario? Una quota di 9,5 miliardi di Euro”. Speriamo davvero, almeno, che siano tutti “puliti”.