di Angelo Perfetti
Lo scandalo Ama, parentopoli, il caso Eur Spa, la neve, gli omicidi efferati, gli scioperi della metro, il traffico, la città in tilt per le manifestazioni. la guerriglia tra polizia e black bloc nel centro storico. Diciamoci la verità: ad Alemanno è accaduto di tutto durante il mandato, e certo l’ex sindaco ha le proprie colpe nella scelta degli uomini che hanno caratterizzato il suo mandato. La stampa non ha certo fatto finta di non vedere. Schiena dritta e occhi aperti, pronta ad enfatizzare ogni colpevole (ma anche incolpevole) mancanza del leader del centrodestra. Un atteggiamento encomiabile, di quel giornalismo che non si piega al potere ma che sa fare da contraltare a chi sta nelle stanze dei bottoni. Perché noi giornalisti italiani siamo bravi a cantargliele a chi se lo merita.
Il cambio di rotta
Poi però arriva la primavera, si fanno le elezioni, scoppia il caldo. E viene fuori quell’indole tutta capitolina, incline all’indolenza, del guardare tutto distrattamente. Zingaretti diventa Governatore, Marino sindaco di Roma. Ma fa caldo. Troppe energie per andare a fare le pulci alle nomine, alle assunzioni, agli incarichi che passano per Regione e Comune. A Ostia, sul litorale romano, sparano e ammazzano. In municipio escono fuori gli scheletri della malavita: connivenze e punti di contatto inimmaginabili. Alemanno sarebbe stato messo in croce, accanto ai ladroni di turno. Marino no, lui veste meglio la griffe “Messia”, e dunque arriva nel luogo del misfatto, cambia un dirigente, e tutto si acquieta. Nemmeno Gesù nel Vangelo di Luca (17,11-19) riuscì a calmare le acque con tanta rapidità. E la stampa capitolina torna sotto l’ombrellone, mojito in mano e poca voglia di fare polemica.
Le prime magagne
Eppure Marino e Zingaretti, nei primi atti dei loro mandati, hanno avuto i loro bei problemi. Dalle colonne de La Notizia abbiamo raccontato dei guai giudiziari dell’assessore all’agricoltura Sonia Ricci e delle aziende agricole a lei collegate, della proliferazione di nomine di dubbia compatibilità, disattendendo in alcuni casi la legge anticorruzione n.190 del 6 novembre 2012; e ancora abbiamo raccontato di consulenze pagate con il Fondo di Riserva della Regione, di doppi incarichi (“è stato un mero errore materiale”, è stata la spiegazione) dati alla stessa persona. Insomma, una serie di operazioni discutibili ma non discusse dalla stampa romana, che tranne in alcuni rari casi ha scelto nel suo complesso di tenere un profilo basso, bassissimo. Tanto basso da non essere percepito come dal ticket Zingaretti-Marino.
Cambia il vento
Il vento dei giornali cambia a secondo di chi si affaccia dalla finestra del Campidoglio che dà sui Fori. Per Alemanno cannonate a palle incatenate, per Marino lanci di petali rosa. E per Zingaretti – che ha trasbordato gran parte dei suoi fedelissimi dalla morente Provincia alla Regione Lazio – applausi e sorrisi. Sui quotidiani Alemanno era diventato un bersaglio… quotidiano, in parte per merito, in parte per sfortuna, in parte per precisa scelta editporiale. Marino e Zingaretti per ora il problema della neve non ce l’hanno, gli omicidi non sono cosa loro e tutto il comparto di nomine e incarichi fa parte di un “normale” ricambio sul quale quasi nessuno osa mettere bocca. A Roma va così, d’altronde non a caso Trilussa- sagace osservatori dei costumi capitolini – descrisse il rapporto col potere: “Ècchete che una sera er Re je chiese: — Sete d’accordo tutti quanti? — E allora da centomila bocche nun s’intese che un «Sì» allungato, che durò mezz’ora. Solamente un ometto scantonò e appena detto «Sì» disse «Però…»”.