Sono lontani i tempi in cui Matteo Salvini poteva dire di non conoscere i commercialisti arrestati per la compravendita gonfiata a Cormano. Che la cosa fosse così, era chiaro da tempo tanto che lo stesso Capitano successivamente era dovuto tornare parzialmente sui suoi passi, ma da ieri c’è anche il Tribunale del Riesame ad averlo messo nero su bianco. I due commercialisti Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, arrestati nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisto del capannone dalla Lombardia film commission, sono “uomini di partito“. Questo quanto si legge nelle motivazioni dell’ordinanza con cui il 2 ottobre i giudici hanno confermato per Di Rubba e Manzoni la misura degli arresti domiciliari. Proprio in relazione al secondo, già revisore contabile per la Lega alla Camera, il Riesame scrive che “può certamente essere definito un uomo di partito come il suo socio” Di Rubba, che invece era il direttore amministrativo per il Carroccio al Senato.
Sempre Manzoni, si legge, “è socio di studio e di affari di Di Rubba nonché l’allievo di Scillieri”, altro commercialista arrestato, “che ha fatto carriera in politica”. Ma nelle motivazioni c’è molto di più ad inguaiare la posizione degli indagati. Secondo i giudici l’acquisto da parte di Lombardia film commission del capannone a Cormano, in provincia di Milano, per un prezzo che la Procura di Milano ritiene gonfiato, è stata una “messinscena” che porta a ritenere “sussistente” la “preesistenza di un accordo collusivo” in quanto appare “indubbio che le due parti contrattuali, la fondazione acquirente e la società Immobiliare Andromeda alienante sono da ricondurre invece a un centro di interessi unitario“.
TUTTI CONTRO TUTTI. Come se non bastasse, dal dispositivo emerge anche una novità. Proprio il fiscalista Michele Scillieri, nell’interrogatorio davanti ai pubblici ministeri del 18 settembre scorso, ha illustrato “gli accordi” tra lui Manzoni e Di Rubba “per spartirsì i soldi”. In quell’occasione, motivo che per i magistrati testimonia la verità del racconto dell’indagato, lo stesso Scillieri ha fatto ammissioni sul suo ruolo nella vicenda. In particolare ha spiegato che “sia Di Rubba che Manzoni erano coinvolti nell’affare della fondazione, che entrambi avevano visionato l’immobile di Cormano fin dal 2016, ossia prima ancora che venisse acquistato dalla “sua Andromeda srl”.
Sempre l’uomo ha raccontato dei “problemi sorti per il pagamento dei lavori di ristrutturazione che alla fine esorbitavano dagli accordi già presi da tutti loro con la ditta Barachetti, problemi che andavano ad incidere sulla già preventiva spartizione dei ricavi dell’intera operazione”. Ma non è tutto. Nello stesso interrogatorio, Scillieri ha anche smontato le tesi difensive dei due commercialisti indagati in quanto ha confermato che una “scrittura privata tra Andromeda e Sdc”, società riferibile ai due indagati, era fittizia e serviva a giustificare un passaggio di oltre 178mila euro, parte degli 800mila euro della vendita del capannone.
“La pezza e la giustificazione di quella pezza sono frutto loro, non so dirle se di Di Rubba o di Manzoni (…) è una fattura per un’operazione inesistente (…) fanno parte degli 800” ha fatto mettere a verbale Scillieri. Nel frattempo l’attuale presidente della Lombardia film commission, Alberto Dell’Acqua, sentito in commissione Cultura al Consiglio regionale della Lombardia ha detto che l’inchiesta ha danneggiato la fondazione e che per questo ha annunciato querele per i giornali che hanno raccontato l’indagine della Procura di Milano.