Senza freni i renziani. Dopo aver sabotato, giovedì, il voto alla Camera sulla legge che abbassa a 18 anni l’età per eleggere i senatori ripartono alla carica su Mes e dintorni, ovvero verifica di maggioranza e rimpasto. “Molti dicono: oggi non è il momento giusto per chiedere il Mes. E’ vero, non è oggi il momento giusto. Il momento giusto era sei mesi fa. Ma, visto che non si è fatto allora, facciamolo adesso. Abbiamo lanciato una petizione, a prima firma di Davide Faraone: chi vuole darci una mano è il benvenuto”, scrive sulla e-news il leader di Iv, Matteo Renzi. E ancora: “Abbiamo chiesto alla maggioranza di riunirsi per trovare un’intesa programmatica su tutto. Basta con i dibattiti sul giornale: vediamoci, decidiamo che cosa fare e con chi farlo e via”.
Il pressing dei renziani è evidente: chiedono un chiarimento politico ma puntano dritto al rimpasto col proposito di strappare qualche ministero di peso non accontentandosi più dei due (Politiche agricole e Famiglia) che attualmente detengono. All’indomani delle Regionali Renzi ha apertamente invitato il leader del Pd Nicola Zingaretti a entrare nella squadra di governo. Un rimescolamento delle carte in tavola sempre con l’obiettivo per Italia viva di contare di più. Ovviamente mascherano il desiderio con le buone intenzioni della “verifica di governo”.
“Noi non chiediamo il rimpasto chiediamo che si decida che cosa fare insieme. Un patto di programma, una verifica, un contratto di governo: qualsiasi nome va bene, l’importante è essere operativi”, dice Maria Elena Boschi. “Delle forze politiche serie e di governo, come siamo e vogliamo essere, si devono vedere intorno a un tavolo e stabilire le priorità, e anche il modo con cui raggiungerle”, puntualizza la ministra Elena Bonetti. E Il Pd? A una settimana dal voto erano stati i dem con Andrea Orlando a gettare il sasso. Dopo le regionali, aveva argomentato il vicesegretario del Nazareno, il governo ha bisogno di “mettere a posto il suo assetto” per gestire al meglio la partita del Recovery fund. Orlando non aveva parlato apertamente di rimpasto ma di “tagliando”, concludendo con un “sarà il premier a decidere”.
Qualche giorno dopo aveva parzialmente corretto il tiro ma è un dato di fatto che una parte del Nazareno è favorevole a prendere in mano il dossier. A chiamarsi fino a oggi fuori dai giochi è Zingaretti fermo nella volontà di rimanere alla guida del Pd e della Regione Lazio. Un nome che circola insistentemente è invece quello di Graziano Delrio. Fatto sta che dopo “l’incidente” di giovedì a chiedere un chiarimento politico sono con forza anche i dem. Del resto il Pd, rafforzato dal risultato dell’ultima tornata elettorale, vuole rilanciare l’agenda di governo da qui al 2023 fissando alcune priorità su cui ci tiene a dire la sua. Dalla parte dei pentastellati si vocifera di malumori nei confronti di Federico D’Incà “colpevole” di essere troppo appiattito su Conte e il Pd.
Ma lo staff del numero uno della Farnesina provvede prontamente a smentire i retroscena di un quotidiano che attribuirebbero a Luigi Di Maio la volontà di far fuori il ministro dei Rapporti con il Parlamento. A farsi carico di tutti questi malumori e a ritrovare la quadra spetterà a Conte, è la linea del Nazareno. E c’è chi tra i grillini teme che il Pd e Iv, divisi su tanto ma non sul Mes (ieri anche Zingaretti è ritornato con forza a chiederlo), abbiano in progetto di far fuori l’avvocato pugliese. Toccherà al premier uscire dall’angolo anche forse a costo di mettere mano a un ritocco della squadra di governo. Pur avendo in più occasioni dichiarato di non voler sentir parlare di rimpasto. Una formula che ha definito vecchia ma che all’occorrenza potrà far comodo.