Davanti alla velocissima avanzata del Covid l’ultimo Dpcm non sembra più sufficiente. Tanto il Comitato tecnico-scientifico quanto le Regioni chiedono altri interventi. Il timore è quello che possa rendersi necessario un nuovo lockdown, che farebbe crollare il sistema economico, e per scongiurarlo le stesse forze di maggioranza stanno pensando a nuove misure, che potrebbero essere rese note già oggi dopo un confronto a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i ministri.
I SEGNALI. Dopo la fuga in avanti del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che ha chiuso le scuole fino alla fine del mese, difeso per tale scelta dal segretario dem Nicola Zingaretti e contestato dalla ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, ieri a decidere una serie di limitazioni, comprese quelle alla cosiddetta didattica in presenza, è stata la Regione Lombardia. Il Comitato tecnico-scientifico ha sollecitato l’adozione da parte del Governo di misure più restrittive in vista del weekend, suggerendo l’istituzione di un coprifuoco serale e l’adozione della didattica a distanza, e a chiedere di discutere subito su un ulteriore giro di vite è stato prima il capodelegazione del Pd, Dario Franceschini, e poi lo stesso ministro degli esteri Luigi Di Maio. Quest’ultimo, specificando che il Paese non può permettersi un secondo lockdown, ha dichiarato che vanno “anticipate delle mosse” e che “le attività da lasciare aperte sono le scuole e l’impianto produttivo”.
Un vertice, atteso in serata, è slittato, ma al massimo entro questa mattina il premier, incontrando i ministri, dovrà decidere se varare nuovi provvedimenti, che sembrano ormai abbastanza scontati. Questa mattina inoltre, alle 9, il ministro Francesco Boccia terrà in Protezione Civile una riunione di coordinamento con le Regioni, il ministro Roberto Speranza e il commissario Domenico Arcuri. Tra le ipotesi che l’Esecutivo sta valutando ci sarebbe anche quella di un coprifuoco dalle 22, ma senza arrivare a un lockdown.
IL NODO SCUOLA. Le scuole restano il principale nodo da sciogliere. Fermamente contraria alla chiusura e a un ritorno completo alla didattica a distanza è soprattutto la ministra Azzolina. “La Didattica digitale integrata, che ora tutti invocano per gli istituti superiori, c’è già. Una parte di didattica in presenza e una parte a casa. I dirigenti scolastici e i docenti l’hanno predisposta sulla base delle esigenze delle scuole, con l’obiettivo di rispettare le prescrizioni del Cts per il distanziamento e la sicurezza delle studentesse, degli studenti e del personale”, ha detto.
Sulla stessa linea la sua vice, la dem Anna Ascani: “Ogni scelta va ponderata e concordata con tutti gli attori, nel rispetto di quello che accade nei singoli territori. Per quel che riguarda la scuola in senso stretto, questo a mio avviso significa, prima di tutto, utilizzare al meglio gli strumenti di flessibilità di orari e strumenti che ci siamo dati. Dobbiamo fare di tutto, però, per evitare la chiusura generalizzata delle scuole del Paese che creerebbe danni enormi a intere generazioni”.
LA POLEMICA. Ieri infine il commissario per l’Emergenza Covid, Domenico Arcuri, al termine della Conferenza Stato-Regioni, ha puntato il dito contro i governatori sulla gestione delle strutture sanitarie: “In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Prima del Covid – ha affermato Arcuri – le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni”.