Il problema c’è, è inutile nascondersi. E anche per questo nel governo nessuno sta affrontando la questione in maniera superficiale. È però fondamentale non cadere nell’errore opposto, cioè quello di demonizzare i trasporti pubblici. Negli ultimi giorni tanto si è parlato di bus affollati, tram strapieni, metro aggredite selvaggiamente. La realtà, al di là di quello che sembrano dire le foto (ma non dicono), paiono dire video e i canonici commenti sui social (privi di qualsiasi riferimento oggettivo) è che molti mezzi pubblici stanno in realtà rispettando le nuove indicazioni di presenza massima consentita. Il punto, dunque, è non lasciarsi andare a facili isterie che, tuttavia, rischiano di essere assolutamente improduttive e, soprattutto, confondono le acque. Il risultato? Un nuovo virus, quello appunto dell’isteria, potrebbe provocare danni simili o peggiori per certi aspetti a quello che si sta cercando di combattere.
LA SITUAZIONE REALE. A sugellare chiaramente questo aspetto e questo rischio è stata ieri la società capitolina dei trasporti, l’Atac. La società, oggi presieduta da Giovanni Mottura (nella foto), non ci sta a sentire parlare di caos trasporti e ad essere messa sul banco degli imputati. “C’è una profonda ignoranza e una, comprensibile, profonda paura tra i cittadini”, spiegano fonti interne interpellate ieri dall’AdnKronos. “Tutti fanno foto con i telefonini e le sbattono sui social: 30 persone su un autobus, diventano subito un assembramento. Sui trasporti oggi è prevista una capienza all’80%, significa che su un autobus, che di solito può trasportare 100 persone, ne possono salire 80 mentre su un treno della metro da 1200 persone ne sono ammesse 960”. Non proprio numeri bassini e che, soprattutto, possono dare una determinata percezione in foto ma che invece sono perfettamente in linea con quanto stabilito e prescritto e imposto dalle nostre istituzioni.
LO SCRUPOLO. C’è di più. Al momento, sottolinea l’azienda interpellata sempre dall’agenzia di stampa, a Roma non si viaggia all’80% della capienza. “Tendenzialmente gli autobus girano mezzi vuoti. Nei primi giorni di ottobre sulla rete metropolitana in media abbiamo registrato 400mila validazioni, rispetto alle 700mila pre-Covid che significa una capienza al 50-55%. È normale però che per una persona, che sale su un autobus di 12 metri, 50 persone sono una folla. Il distanziamento è fisicamente impossibile e il rischio è endemico”. La spiegazione, per quanto cinica, non fa una piega: “Si chiama trasporto pubblico collettivo perché porta tante persone, altrimenti sarebbe un noleggio con conducente. Se si pensa che in questo momento sia un problema per la sicurezza dei cittadini lo si chiuda. Poi però – viene rilevato – bisogna capire come faranno le persone a spostarsi”. Insomma, non può (e non deve) bastare una foto per demonizzare un sistema che, sebbene mille fatiche e mille difficoltà, sta cercando di capire come fare e come muoversi per assicurare il giusto e doveroso distanziamento sociale. Questo, però, come detto non vuol dire che il problema non ci sia.
PROBLEMA E SOLUZIONI. Non a caso proprio ieri nella riunione in videoconferenza convocata dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli con le associazioni rappresentative delle aziende del Trasporto Pubblico Locale, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e di Upi si è discusso anche dell’ipotesi di un ulteriore scaglionamento degli ingressi a scuola, insieme alla possibilità di misure analoghe anche per gli uffici pubblici. Al vaglio ci sarebbe anche la possibilità di istituire tavoli regionali di coordinamento sul trasporto pubblico, al quale far partecipare gli assessori competenti e gli enti locali. Nessuno avrebbe inoltre contestato la misura dell’80% di capienza sui mezzi. È probabile, però, un nuovo aggiornamento tra le parti la settimana prossima. In ogni caso sarà fondamentale confrontarsi col problema inteso nella sua oggettività, non risparmiando ovviamente eventuali colpe. Ma neanche addossando attacchi di ogni tipo a chi sta facendo di tutto per rispettare i regolamenti e poi finisce sotto accusa per una foto.