I 776 ex senatori morbosamente attaccati alle pensioni d’oro pensavano, forse, di avere la vittoria, e il malloppo, in pugno grazie alla sentenza della commissione Contenziosa che ha bocciato, lo scorso giugno, la delibera per il taglio dei maxi vitalizi e che prevede la restituzione degli importi originali, più gli arretrati. Ma – come anticipato da La Notizia – la risposta da Palazzo Madama non si è fatta attendere. Infatti, l’amministrazione del Senato, rappresentata dal segretario generale, Elisabetta Serafin, di fronte ad una sentenza sfavorevole in primo grado ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Garanzia.
MICA BRUSCOLINI. Nel ricorso datato 8 ottobre 2020, per evitare che vada in fumo il taglio da 22,2 milioni di euro l’anno ottenuto con il ricalcolo retroattivo degli assegni ed entrato in vigore dal 1° gennaio 2019, si chiede contestualmente la sospensione cautelare della sentenza impugnata, essendo di primo grado e non definitiva, che prevede la reintroduzione dei vitalizi pieni, con tanto di restituzione di arretrati e interessi. Nelle carte si legge, infatti, che “nell’ipotesi di riforma della decisione della Commissione contenziosa ora appellata, il Senato della Repubblica si troverebbe di fronte al gravoso compito – per alcuni versi di realizzazione molto difficoltosa – di recuperare le maggiori somme indebitamente versate ai ricorrenti di primo grado.”
Effettivamente si tratterebbe di restituire mensilità più che sostanziose relative a tutto il 2019 e ai primi nove mesi del 2020, circa 33,3 milioni di euro. “Benché l’importo in questione sia stato prudenzialmente accantonato a partire dal 2019 in un’apposita partita di giro in attesa dell’esito del contenzioso, tuttavia gli effetti sul bilancio del Senato non sarebbero trascurabili – si argomenta nel ricorso -. Ci sarebbero ripercussioni anche con riferimento ai trasferimenti che annualmente il Senato riceve dalla Camera in relazione agli assegni vitalizi erogati a senatori che avevano svolto precedenti mandati presso l’altro ramo del Parlamento”.
Non proprio bruscolini: la cifra che sarebbe impossibile recuperare dalla Camera si aggira intorno ai 3 milioni. Il Consiglio di Garanzia, composto da cinque senatori – il presidente Luigi Vitali (nella foto) di Forza Italia, il vicepresidente Ugo Grassi (ex M5S) della Lega, e da tre componenti effettivi Alberto Baldoni, Pasquale Pepe e Valeria Valente rispettivamente di Fratelli d’Italia, Lega e Partito democratico – era convocato ieri sera. Ma visto il protrarsi della seduta in Aula per il voto delle relazioni sul Recovery Fund, alla chiusura del giornale la riunione non era ancora iniziata.
PATATA BOLLENTE. Ovviamente, la prima questione da dirimere verte sulla richiesta di sospensiva avanzata da Palazzo Madama. E non è una questione di poco conto. Essendo, infatti, la sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, agli ex senatori ricorrenti spetterebbero, già con il pagamento della prossima la mensilità, i vitalizi pieni ante-taglio. Non solo. Potrebbero passare all’incasso anche per la restituzione degli arretrati.
Si vedrà nelle prossime ore cosa deciderà il Consiglio di Garanzia. I cui componenti si trovano a dover maneggiare la più classica delle patate bollenti. Dover, cioè, decidere se confermare la sentenza di primo grado nonostante i leader dei rispettivi partiti, Salvini in testa (la Lega ha votato la delibera tagliavitalizi ai tempi della maggioranza gialloverde), ma anche Zingaretti (Pd) e la Meloni (FdI) non sono stati da meno, abbiano tuonato contro il ripristino del privilegio della casta più odiato dagli italiani.