A pochi giorni dai proclami dell’Assemblea generale, la Confidustria targata Carlo Bonomi riporta un autentico flop col fallimento della trattativa tra Federmeccanica-Assistal e i sindacati per il rinnovo del contratto nazionale di un milione e 400 mila lavoratori metalmeccanici. Dopo quasi 11 mesi e 13 incontri, il tavolo è saltato sulla questione salariale, tema sul quale le imprese non intendono fare che minime concessioni. Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato lo stato di agitazione e il blocco delle flessibilità e degli straordinari; in alcune fabbriche vi sono già stati scioperi spontanei decisi dalle Rsu, in particolare in Piemonte. Ora partiranno le assemblee, per scegliere le forme di lotta da mettere in campo.
DA ANNI AL PALO. La richiesta sindacale è di un aumento in media di 156 euro; la controparte datoriale propone un contratto di garanzia con minimi contrattuali legati all’inflazione (Ipca), che corrisponde a un aumento di 40-42 euro nei prossimi tre anni. In più Federmeccanica mette sul piatto la disponibilità a definire insieme le misure più efficaci per diffondere i premi di risultato in ogni azienda metalmeccanica. Troppo poco per i sindacati, secondo cui “non è accettabile che i metalmeccanici abbiano i minimi salariali più bassi in Italia, con differenze fino a 400 euro lordi mensili, prendendo in otto anni, dal 2016 al 2024, aumenti salariali irrisori”.
Secondo Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, la posizione assunta è “coerente e pragmatica, figlia della realtà del momento”, quella cioè di una crisi pesantissima. Di tutt’altro tenore il giudizio espresso dei segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Alberto Benaglia, Francesca Re David e Rocco Palombella, che hanno addossato esplicitamente la responsabilità della rottura agli imprenditori, per aver interrotto il tavolo negoziale, non confermando i tre prossimi incontri peraltro già calendarizzati.