di Nicoletta Appignani
Paga la tangente e vinci il ricorso. Sarebbe questo il metodo adottato da un giudice del Tar del Lazio, secondo la procura di Roma, che ieri mattina ha portato i carabinieri del Nucleo operativo ecologico ad arrestare sette persone: tre di queste finite in carcere e quattro agli arresti domiciliari. Tra gli arrestati spuntano i nomi di Giovannino Antonini, l’ex presidente della Banca Popolare di Spoleto e quello del giudice del Tar del Lazio Franco Angelo Maria De Bernardi: lo stesso magistrato già arrestato lo scorso 16 maggio. Secondo la procura di Palermo infatti, De Bernardi sarebbe stato uno dei capi dell’organizzazione criminale sgominata dalla guardia di finanza in un’inchiesta per riciclaggio e attività finanziaria abusiva: un’associazione a delinquere che si occupava di riciclaggio di valute straniere, tra dollari, franchi svizzeri e won nord coreani. Tra le varie accuse mosse al giudice nello scorso maggio, anche quella di aver ospitato alcuni incontri tra diversi personaggi coinvolti nell’inchiesta proprio nel suo ufficio, all’interno del Tribunale amministrativo del Lazio. Perché secondo gli indagati lui poteva avere “l’immunità”.
Dai 10 mila euro in su
Ma questa volta il reato di cui è accusato il magistrato è un altro: corruzione in atti giudiziari. Sarebbero decine le cause pilotate contestate dal procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi e dai pm Stefano Pesci e Alberto Pioletti: un anno di intercettazioni che hanno svelato ai carabinieri del Noe una serie di ricorsi amministrativi con esiti guidati grazie al pagamento di mazzette, di entità variabile in base alla rilevanza del procedimento. Nell’ordinanza si legge per esempio dei 50 mila euro pagati da Giovannino Antonini per revocare il commissariamento della banca da parte del Ministero dell’economia. Oppure del versamento di 10 mila euro, richiesti per favorire il ricorso di un ammiraglio della Marina militare. De Bernardi, secondo la Procura di Roma, avrebbe siglato un accordo con un avvocato, Matilde De Paola, “in base al quale quest’ultima si impegnava a corrispondere al giudice somme di denaro quale compenso (mascherato per circa 10 mila euro) per il compimento di una serie di atti contrari ai doveri d’ufficio consistenti di volta in volta, nell’accordarsi con parti processuali in ordine alla nomina della stessa De Paola quale difensore in procedimenti davanti al Tar del Lazio”. Nell’ordinanza si cita una intercettazione dalla quale emerge come l’avvocato De Paola “oltre ad illustrare la natura dei rapporti con il De Bernardi, indica i diversi compensi richiesti per i procedimenti trattati, precisando – si legge – le modalità di versamento degli stessi e facendo in ultimo richiamo all’esigenza di giustificare l’emissione di una fattura in favore di Mandija Evis, compagna del giudice De Bernardi”. In riferimento al lavoro svolto per i ricorsi presentati dai due ammiragli della Marina militare, Marcantonio Trevisani e Luciano Callini, entrambi indagati, il gip Maria Paola Tomaselli scrive nell’ordinanza che “il giudice ha svolto un’attività di interferenza nella fase di studio e predisposizione del ricorso, ma non anche nella fase decisionale”.
Gli arrestati
Tra i sette provvedimenti disposti dal gip Tomaselli, uno riguarda il faccendiere Giorgio Cerruti, considerato uno degli intermediari delle mazzette, il cui nome si legge anche negli atti della commissione parlamentare antimafia in relazione ai suoi rapporti con Flavio Carboni e, tramite questi, con il circuito dell’usura a Roma. Gli altri due intermediari, secondo gli investigatori, sarebbero invece Marco Pinti e Francesco De Sanctis, entrambi agli arresti domiciliari, come Antonini e il legale rappresentante dell’impresa di costruzioni ICS Grandi Lavori, Francesco Clemente. Tra gli indagati per corruzione coinvolti nell’inchiesta, anche il costruttore Claudio Salini, dell’omonima impresa edile.