Ora lo certificano anche i flussi elettorali. Dietro la vittoria del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari c’è stata la spinta decisiva del Movimento 5 Stelle e, soprattutto, l’impegno in prima persona di Luigi Di Maio. Senza il suo apporto si sarebbe addirittura prospettata una possibile vittoria del No. A rivelarlo, l’ultimo Radar sulla tornata elettorale realizzato dall’Istituto Swg.
Ma vediamo i numeri nel dettaglio. Il Sì ha incassato il 69,6% dei consensi contro il 30,4% del No. Interessante, però, è la distribuzione dei voti tra gli elettori delle diverse forze politiche schierate per il Sì. Se quelli del Movimento 5 Stelle si sono espressi a favore del taglio dei parlamentari con una maggioranza bulgara (il 90,1% per il Sì e appena il 9,9% per il No), come pure, anche se con scarti più contenuti, quelli di Fratelli d’Italia (71,6% per il Sì e 28,4% per il No), le sorprese riguardano Lega e Pd.
Se infatti tra gli elettori del Carroccio prevale comunque il Sì (67,7%), la percentuale del No tocca il 32,3% superando il dato complessivo nazionale (30,4%). Ancora più evidente la spaccatura dell’elettorato dem: 57,3% i Sì e 42,7% i No. In pratica quasi un elettore su due del Pd ha votato contro la riforma nonostante l’indicazione del partito.
Quanto alle caratteristiche degli elettori che hanno votato a favore del taglio dei parlamentari, la campagna referendaria di Di Maio ha convinto prevalentemente ceti medi (il 73,8% per il Sì) e lavoratori (a favore il 79% degli operai), fasce che di solito coincidono con quelle più inclini all’astensione. Un successo nel successo, per il titolare della Farnesina che, nel silenzio pressoché unanime di tutti i partiti che in Parlamento avevano sostenuto la riforma e l’incessante martellamento a edicole unificate dei grandi giornali tutti schierati per il No, è riuscito a tirare la volata decisiva al Sì, sostenuto dai suoi fedelissimi come Laura Castelli, Francesco D’Uva, Giancarlo Cancelleri, Paola Taverna e Carlo Sibilia. E alla fine i fatti gli hanno dato ragione.