Inutile giraci troppo intorno: lo sconfitto numero uno di queste elezioni è Matteo Salvini. Hai voglia a rilasciare dichiarazioni post voto di stampo democristiano: “Come sempre e più di sempre, anche questa volta dico grazie ai milioni di Italiane e di Italiani che ci hanno dato fiducia. Se i dati verranno confermati, da domani Lega e centrodestra saranno alla guida di 15 Regioni su 20! E anche dove non ce l’abbiamo fatta, tutti al lavoro con un solo obiettivo: aiutare, proteggere e far crescere la nostra bellissima Italia”. Sembra Fanfani… La verità è che ha preso una sonora doppia sberla nel giro di pochi mesi: dopo l’Emilia Romagna non gli è andata meglio con la Toscana, il suo unico candidato vero – la sua pupilla Susanna Ceccardi – ha perso clamorosamente, nonostante una campagna elettorale condotta decisamente meglio rispetto alla collega di partito Borgonzoni a suo tempo.
E, come sappiamo, la madre di tutte le sfide era proprio nel Granducato, dato per contendibile fino all’ultimo giorno, visto che la vittoria di Giovanni Toti in Liguria era ampiamente prevedibile (e non certo ascrivibile alla Lega, tanto più che il governatore riconfermato ha fondato un suo partito) e Francesco Acquaroli che strappa le Marche al dominio rosso perdurato per 25 anni, è di Fratelli d’Italia. Festeggia dunque Giorgia Meloni (seppur a metà, visto che il suo Fitto in Puglia non ce l’ha fatta ad avere la meglio su Emiliano) e non era un segreto che il voto di ieri e di domenica, al di là della sorte delle regioni e del Referendum, potesse aprire anche la sfida non dichiarata tra Salvini e Meloni per la leadership del centrodestra.
I voti ottenuti nel weekend dai rispettivi partiti, il consenso che si sposta da un partito all’altro soprattutto al Sud, il numero di governatori conquistati o persi potrebbero essere alla base di una valutazione che un domani potrebbe portare la presidente di FdI a rivendicare la guida della coalizione. In ogni caso Meloni la roccaforte rossa l’ha espugnata, a Salvini l’impresa non è riuscita neanche stavolta. Ma, per quanto il protagonismo politico e mediatico di Giorgia lo possa preoccupare almeno per il momento il problema vero il Capitano ce l’ha in casa: nella vittoria bulgara di Luca Zaia in Veneto, spicca il distacco tra la sua lista personale e i voti raccolti dalla Lega.
La lista Zaia Presidente si è attestata al 44,6%, mentre la Lega-Liga Veneta al 16,9%. Numeri che riaccendono una dualità tutta interna al Carroccio e una diversa visione (federalismo “spinto” vs sovranismo), nonostante i due abbiano sempre messo le mani avanti – soprattutto il governatore – spiegando di avere ruoli e obiettivi diversi. Ma al di là dei numeri che dimostrano in modo inequivocabilmente, che dal 2015, quando la lista Zaia era ferma al 23% ora raggiunge il doppio dei consensi veneti, è innegabile ch l’appeal e la popolarità del “Doge” vada ven oltre la sua Regione.