Quando Nilde Iotti sottolineava – già negli anni ’80 – come il numero di 945 parlamentari fosse eccessivo alla luce della creazione delle Regioni (1970), del Parlamento europeo, e di importanti corpi rappresentativi intermedi, buona parte degli italiani auspicava che le sue parole si trasformassero in realtà. Ma perché ciò avvenisse, benché praticamente tutte le forze politiche a turno si dicessero decise ad agire, è servito l’intervento del Movimento Cinquestelle.
È bene ricordare che il taglio dei parlamentari su cui i cittadini si esprimeranno il 20 e 21 settembre, modifica un numero che non venne deciso dai padri costituenti, ma da una legge di riforma costituzionale voluta nel 1963 dalla DC di Fanfani, che tradì le parole di Luigi Einaudi sostenitore dell’inefficienza di assemblee legislative troppo numerose. Chiunque abbia un minimo di confidenza con il Parlamento, le commissioni, gli emendamenti e le problematiche che troppo spesso rallentano l’iter legislativo, sa benissimo che snellire non la democrazia, ma una macchina sovradimensionata ed inefficiente, farà solo bene all’Italia.
Procedure più veloci e meno partitini che – come l’Udeur di Mastella fece con Prodi – possono far cadere un governo con soli 3 senatori. Sarà più difficile per i vecchi partiti candidare toscani in Sicilia, siciliani in Emilia o milanesi in Calabria, e soprattutto la riduzione renderà evidente la scandalosa condotta di tanti parlamentari campioni d’assenteismo e menefreghismo. Signori che oggi possono contare sui “gregari” e disonorare il loro compito disertando le Camere, ma che quando dovranno sudarsi la rielezione con un numero di seggi ridotto, saranno con ogni probabilità costretti a fare il lavoro per cui vengono profumatamente pagati: stare in Parlamento, lavorare duro e seguire il territorio che li ha eletti.
Fatta questa premessa è fin troppo facile smontare tutte le altre risibili obiezioni di chi si batte per il No: si invoca la “difesa della Costituzione” per una riforma chirurgica che riguarda solo il numero dei parlamentari, lasciando intatto ogni altro punto. Si dipinge come sfregio alla democrazia una legge votata dal 97,5% dei parlamentari in carica, che verrà confermata dal voto popolare: cosa c’è di più democratico? Si paventa di territori meno rappresentati, ma è una bufala palese: sarà obbligatorio dopo il sì ricalcolare i collegi per assicurare proporzionalità come prevede appunto la Costituzione. Si lamenta che non è stata prima scritta la nuova legge elettorale, ma sarebbe proprio una vittoria del No a distruggere ogni speranza d’averla presto, mentre sarà automatico vararla dopo la vittoria del Sì.
Sarà un bene, vista la totale inefficienza delle ultime quattro riforme, scritte col folle intento non d’assicurare rappresentatività e governabilità, ma di danneggiare l’avversario politico di turno. Il 20 e 21 settembre, insomma, i cittadini italiani avranno la grande occasione di partecipare in prima persona ad un nuovo capitolo del cambiamento in atto, e con la matita in mano dimostreranno come l’arma più potente contro ogni aberrazione non sono i talk-show pilotati o i giornali amici, ma la volontà popolare, la democrazia, la bellezza solare degli italiani, molto migliori delle cariatidi politiche che vorrebbero essere eterne e fermare ogni vento di novità. Buon voto a tutti!