“Con il voto di oggi noi non rispettiamo solo un accordo di maggioranza, ma vogliamo consegnare al Paese una nuova legge elettorale, fatta nell’interesse dei cittadini e non dei partiti”. Parola di Giuseppe Brescia (M5S), presidente della commissione Affari costituzionali della Camera che si appresta ad adottare il testo base del Germanicum, la riforma in senso proporzionale della legge elettorale.
Oggi la commissione Affari costituzionali della Camera dovrebbe approvare il testo base del Germanicum. A quel punto le restanti riserve di alcuni esponenti del Pd e, più in generale, le ragioni del No al referendum sul taglio dei parlamentari sarebbero definitivamente superate?
“Mi sembra che la direzione del Pd si sia già espressa, ma più in generale credo che su un referendum come questo i partiti non abbiano il monopolio dei voti dei loro elettori. Con il voto di oggi noi non rispettiamo solo un accordo di maggioranza, ma vogliamo consegnare al Paese una nuova legge elettorale, fatta nell’interesse dei cittadini e non dei partiti”.
È vero che l’accordo di maggioranza prevedeva una serie di interventi contrappeso alla riforma del taglio dei parlamentari, tra i quali la nuova legge elettorale. Ma la pretesa di chi invoca prima la riforma del sistema di voto senza sapere – si saprà solo il 21 settembre – se al prossimo giro eleggeremo 945 o 600 parlamentari non le pare paradossale?
“Non credo che le leggi elettorali si approvino in pochi giorni. Anche per questo noi vogliamo iniziare questo lavoro a urne lontane. Si vota nel 2023. Approvare leggi elettorali a fine legislatura è stata una cattiva abitudine e molti benaltristi la vogliono conservare dicendo che sono altre le priorità. Potevamo avviare questo percorso a luglio, ma solo ora Italia Viva ha cambiato idea”.
Non solo il Movimento 5 Stelle e almeno parte del Pd, ma anche le principali forze di opposizione, Lega e FdI in testa, si sono espressi per il Sì. Eppure sui grandi media dilaga la campagna per il No a reti quasi unificate. Come se lo spiega? Qualcuno, anche tra chi si dichiara a favore della riforma, sta facendo il doppio gioco?
“Mancano dieci giorni al voto. Il cambiamento è a portata di mano e l’istinto di sopravvivenza di certa politica si fa sentire. Sono gli stessi che hanno chiesto il referendum con poche decine di firme in Senato dopo aver raccolto solo 700 firme dei cittadini a fronte delle 500mila richieste. La campagna del No è un urlo in un bicchiere, una bolla che scoppierà a contatto con la realtà”.
Il presidente del Consiglio Conte vedrebbe bene un sistema elettorale proporzionale con il ritorno alle preferenze. La ritiene una proposta praticabile dopo oltre un decennio, dal Porcellum in poi, in cui agli italiani è stato negato il diritto di scegliere i propri rappresentanti?
“Qualche giorno fa ho lanciato io stesso il tema delle preferenze. Sapevo di incontrare qualche resistenza anche nella maggioranza, ma è una nostra battaglia storica. Nelle prime riunioni abbiamo chiesto espressamente il ritorno alle preferenze, poi abbiamo rinviato la scelta al dibattito in commissione. Gli alleati capiranno che bisogna trovare un meccanismo per avvicinare eletti ed elettori”.
Il 21 settembre, oltre all’esito del referendum, conosceremo anche il verdetto nelle sei Regioni chiamate al voto. Un risultato negativo per le forze che formano l’attuale maggioranza parlamentare potrebbe avere ripercussioni sulla tenuta del governo?
“Assolutamente no. In Italia si vota ogni anno. Sono d’accordo invece con Luigi Di Maio. Questo governo si misurerà sulla capacità di spendere i soldi del recovery fund”.
Movimento 5 Stelle e Pd correranno insieme solo in Liguria. Si poteva fare di più sul fronte delle alleanze per arginare l’avanzata delle destre che puntano al cappotto?
“Noi siamo nati per rompere il bipolarismo ed essere la terza via. Non potevamo snaturare la nostra identità e la nostra storia senza un percorso più ampio su candidature e programmi. Non siamo nati per appoggiare i candidati del Pd, ma per costruire nuove opportunità e cambiamento”.