Sentiamo dire spesso che l’Italia è sola nell’affrontare l’emergenza sbarchi dal nord africa. Pochi sanno, però, che c’è addirittura chi anziché aiutarci preferisce spingere l’ondata di disperati verso le nostre coste. A rivelarlo è la ong Sea Watch che ieri, con un post al vetriolo sui social, ha puntato il dito contro Malta per l’episodio del gommone con 67 migranti a bordo, avvistato il 29 agosto scorso dal velivolo Moonbird a “25 miglia nautiche” da La Valletta.
In quell’occasione il governo maltese si è guardato bene dall’indicare un porto sicuro per l’imbarcazione, preferendo limitarsi, scrive la ong tedesca su twitter, “a distribuire i giubbotti salvagente indicando la direzione per raggiungere l’Italia”. In altre parole, spiegano ancora i volontari, Malta “ha illegalmente abbandonato il gommone obbligandolo a percorrere altre 60 miglia nautiche con un rischio continuo e concreto di naufragio”.
Infatti, visto il rifiuto di concedere un porto sicuro da parte de La Valletta, alla nave non è rimasta altra scelta che dirigersi in autonomia a Pachino, nel siracusano, dove ieri ha messo fine a questa ennesima odissea. Una storia già vista e che, ancora una volta, mette a nudo i limiti nella cooperazione tra i Paesi membri dell’Unione europea. Cosa ben più grave dimostra l’incapacità di Bruxelles, a dispetto di quanto si affrettino a sostenere dalla Commissione, di imporre una linea comune a tutti gli Stati e che, a ben vedere, sarebbe l’unica capace di attenuare quella che appare come un’emergenza senza fine.