Gli ultimi a subentrare nella lunga schiera di chi è convinto che tagliare il numero dei parlamentari sarebbe la fine della democrazia sono proprio loro: i fascisti del nuovo millennio. Il che fa un po’ ridere, ma tant’è. Casapound è uscita allo scoperto proprio ieri: “Non è questo il momento storico di ridurre la rappresentanza del popolo italiano in Parlamento, ora che poteri finanziari e sovranazionali tremendamente forti e pervasivi mettono sotto attacco quotidianamente la sovranità popolare”, si legge sull’account twitter del movimento. Magari negli anni Venti si poteva anche pensare a ridurre il potere del Parlamento, magari mettendo fuori legge (o quasi) tutti i partiti se non uno solo, ma oggi proprio no, non conviene secondo la formazione guidata da Simone Di Stefano.
DA SINISTRA E DESTRA. Al di là di come la si veda, resta un quadro plastico che fa rabbrividire: da una parte Casapound, dall’altra le Sardine. Mai avremmo pensato di vedere due correnti così distanti, unite nella stessa battaglia. La ragione? Cercare di contrastare il Movimento cinque stelle. Ci saremmo infatti aspettati che, magari, tanto i fascisti quanto le Sardine avrebbero fatto o detto qualcosa già da tempo se fossero stati contrari al taglio dei parlamentari. E invece escono con dichiarazioni piccate soltanto adesso. Strano, a meno che non si pensa ci sia il chiaro intento di contrastare una battaglia che è propria del Movimento cinque stelle. E arriviamo al punto: la realtà dei fatti è che la schiera è talmente bizzarra e variopinta proprio perché bizzarra e variopinta è la schiera dei rivali del Movimento cinque stelle.
ORIZZONTE VARIOPINTO. Partendo da questo proposito ecco che allora appare decisamente meno strano che tra chi ha detto senza mezzi termini che voterà contro al taglio dei parlamentari troviamo non solo sardine e Casapound, ma anche curiosi personaggi (anche qui: mai avremmo pensato di avvicinarli a una delle due correnti) come Gianfranco Rotondi (“A me viene facile votare No perché sono vaccinato da ogni populismo”, ha detto ieri), Paolo Cirino Pomicino (“Adesso abbiamo all’orizzonte il taglio dei parlamentari, ma nessuno ricorda che il Parlamento è come la salute: lo si apprezza quando non c’è più. Se impoverisci i deputati ne limiti la libertà, se tagli i posti, e quindi riduci il rapporto che esiste tra popolazione ed eletti, finisci per ridurre la democrazia rappresentativa”, diceva in un’intervista a L’Espresso qualche tempo fa), Ciriaco De Mita (“Un voto che non serve, in quanto significa cancellare un bene che è difficile sostituire”, ha affermato pochi giorni fa in un dibattito pubblico). E la lista conta ancora Clemente Mastella, Sandro Gozi e buona parte della formazione di Italia Viva.
IL PUNTO. Ed è proprio partendo dall’assurdità di questo fronte variegato che si può giungere a una conclusione logica e ragionale: questo referendum dà fastidio non perché si riduce il numero dei parlamentari e della proporzione tra eletti ed elettori (col taglio, come dimostra uno studio della Camera, il nostro Parlamento sarebbe in linea con i numeri di tutti gli altri Paesi europei), ma perché serpeggia una certa invidia tra gli oppositori, quasi come se dispiacesse che ad essere giunti ad un passo dalla meta non siano loro, ma gli “odiati” Cinque stelle. Meglio allora metter da parte l’interesse comune e pensare a quello personale e partitico.