Dopo gli incontri carbonari, le chat e i dossier, sul caso Palamara si avvicina l’ora della verità. Proprio oggi la Procura di Perugia, diretta dal procuratore Raffaele Cantone, ha chiesto il rinvio a giudizio del pubblico ministero di Roma, già sospeso dall’incarico, e per gli altri tre indagati nell’ambito di uno dei rivoli del maxi scandalo che un anno fa ha terremotato il Csm e la magistratura italiana. A rischiare di finire sotto processo, oltre a Luca Palamara, sono l’imprenditore Fabrizio Centofanti, l’amica del pm Adele Attisani e Giancarlo Manfredonia, quest’ultimo titolare di un’agenzia di viaggi. I primi tre sono accusati di alcuni episodi di corruzione mentre a Manfredonia viene contestato esclusivamente il favoreggiamento personale perché alla Guardia di Finanza che cercava informazioni su un viaggio a Dubai del pm avrebbe fornito “documentazione manipolata”.
Che la richiesta fosse nell’aria, è cosa nota sin dal 17 luglio scorso quando i pubblici ministeri Gemma Miliani e Mario Formisano, entrambi titolari del fascicolo, hanno inviato l’atteso avviso di conclusione indagini alle parti. Proprio per questo i difensori di Palamara sono tutt’altro che sorpresi dalla decisione della procura umbra tanto che, con una nota, hanno ribadito l’intenzione di chiarire ogni addebito. “Prendiamo atto della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del nostro assistito nonché della conferma della derubricazione delle iniziali imputazioni” hanno affermato gli avvocati Mariano e Benedetto Buratti e Roberto Rampioni precisando che “nell’udienza preliminare, che ci auguriamo sia fissata nel minor tempo possibile, saranno resi noti ulteriori sviluppi delle indagini difensive”.
SCAMBIO DI FAVORI. L’inchiesta è quella con cui si sta cercando di far luce su sette soggiorni sospetti di Palamara in compagnia dell’amica, fatti tanto in Italia quanto all’estero e tenuti tra il 2014 e il 2017, e di altri tre viaggi fatti dal pm con la propria famiglia nel 2016. Una serie di presunte regalie tra cui spiccano anche lavori di ristrutturazione di appartamenti, un trattamento di bellezza e un soggiorno organizzato per assistere alla partita di Champions League dell’8 marzo 2016 che vedeva contrapposti il Real Madrid e la Roma. Si tratta di utilità di cui Palamara avrebbe beneficiato nel periodo in cui era componente del consiglio superiore della magistratura grazie all’intervento dell’amico Centofanti e in cambio delle quali – sempre secondo l’accusa – avrebbe messo a disposizione le sue funzioni di magistrato. La Attisani, si legge nella richiesta, sarebbe “l’istigatrice delle condotte delittuose nonché la beneficiaria di parte delle utilità” ricevute.
IL VASO DI PANDORA. Si tratta dell’indagine che ha dato il via al terremoto che ha investito la magistratura. Dalle carte, infatti, sono emerse intercettazioni inopportune che hanno messo in mostra il sistema correntizio che governa le toghe. Così da questo procedimento ne è partito un’altro con al centro lo scandalo relativo alla riunione notturna del 9 maggio 2019 all’Hotel Champagne. Un incontro, registrato dal trjoan inoculato nel cellulare del pm, in cui Palamara assieme al deputato di Italia Viva Cosimo Ferri, il renziano Luca Lotti e cinque ex consiglieri del Csm, discutevano sulla possibilità di condizionare le nomine ai vertici dei maggiori uffici giudiziari del Paese. Fatti per i quali, oltre ad un’inchiesta della Procura di Perugia, è scattato anche un procedimento disciplinare tutt’ora in corso davanti al Csm.