Per fare il tutto esaurito con le ovvietà mancava solo la fine delle mezze stagioni. Eppure ieri il discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini era in cima a tutte le tv e i giornali web, come se sentissimo per la prima volta che il debito pubblico è utile se ben investito e dannoso se sperperato. Per non parlare delle maggiori chance da dare ai giovani: un concetto di cui hanno il copyright centinaia di politici di tutte le epoche e tutti i colori, salvo poi vederli sistematicamente tagliare i fondi a scuole e università.
Con la sua credibilità internazionale l’ex presidente della Bce ha però un profilo buono per tante caselle, dal Quirinale a Palazzo Chigi, e dunque una stampa notoriamente sensibile alla voce del padrone (anche se potenziale) non poteva lesinare bava e attenzione. Ma pur con tutti i meriti per aver salvato l’euro, Draghi è l’espressione più visibile, possiamo dire quasi simbolica, di quel sistema politico-economico che ha messo in ginocchio un Paese ricco e laborioso come l’Italia.
Un Paese dove famiglie e imprese non hanno mai avuto nella storia tanto denaro da parte, con il piccolo problema che tale massa monetaria è concentrata in un numero sempre minore di persone, mentre milioni di cittadini non sanno come sbarcare il lunario. Perciò se quello di Draghi era un discorso programmatico chissà per cosa, la morale è che nel suo modello le disuguaglianze contineranno a crescere e il futuro che ci si prospetta non potrà che essere peggiore.