Come pensassero di farla franca resta l’aspetto tragicomico di tutta la vicenda. Perché nell’incredibile caso dei cinque deputati che hanno chiesto il bonus Covid – e almeno tre di loro pare lo abbiano persino incassato – convivono sciatteria, pressappochismo e l’immancabile ingrediente della furbizia all’italiana. Ci sarebbe del resto da ridere, se la vicenda non facesse piangere, all’idea che cinque rappresentanti del popolo si siano ridotti a chiedere il bonus da 600 euro stanziato dal Governo per chi è stato ridotto alla fame dall’emergenza sanitaria.
Nonostante, ogni mese, dalle casse di Montecitorio si riversino nei rispettivi conti correnti 10.435 euro lordi di indennità parlamentare, altri 3.503 di diaria e 3.690 euro, a copertura delle spese per l’esercizio del mandato, per un totale 17.628 euro lordi mensili senza contare i rimborsi per le spese di viaggio e quelle telefoniche (leggi l’articolo). Uno schiaffo alla miseria, sebbene a norma di legge, nell’errata certezza che nessuno se ne sarebbe accorto. Finora sono riusciti a nascondersi dietro l’insostenibile scudo della privacy che, notoriamente si applica in forma attenuata ai personaggi pubblici – parlamentari compresi – a maggior ragione quando in ballo ci sono, come in questo caso, erogazioni a carico della collettività.
Ma è solo questione di tempo. Nella prossima dichiarazione dei redditi, che tutti i deputati e i senatori devono obbligatoriamente pubblicare sul sito della Camera e del Senato, almeno chi ha incassato il bonus, dovrà per forza denunciarlo. Tanto vale farlo subito in uno scatto di dignità. Semmai gliene fosse rimasto un briciolo.