di Gaetano Pedullà
Senso di responsabilità. Ecco cosa si è perso in questo Paese dove un governo può calpestare i diritti umani e far pagare il conto a un capo di gabinetto. Dove un vicepresidente del Senato può dare dell’orango tango a un ministro di colore e cavarsela chiedendo scusa. E dove quattro studenti (studenti?) bocciati a scuola bruciano per vendetta il loro istituto e poi si costituiscono con al seguito avvocati e genitori, offrendo di chiudere il caso con un assegno per rimborsare i danni. Il senso di impunità che ha conquistato tutti fa il paio con l’inefficienza dello Stato, l’indecenza di certa politica, la ritirata di modelli etici (quelli religiosi sono spariti da un pezzo e Papa Francesco ha appena iniziato a scalare la sua faticosissima montagna). L’Italia ha bisogno di riforme profonde, ma si continua a curare con l’aspirina. Il debito pubblico cresce e non c’è sacrificio che tenga. Quando è fortunato a trovare un lavoro, un giovane su due ha un’occupazione precaria. Quasi metà dei pensionati prende meno di mille euro al mese. Cos’altro deve succedere perché si dica basta? Certo, Napolitano per primo dirà che senso di responsabilità significa tenere in vita questo governo, seppur debole e pressoché immobile. Se lo scenario che abbiamo davanti ci soddisfa, allora ha ragione il Colle. Don Giussani aveva fatto suo questo principio: molto ragionamento senza osservazione serve a poco, esattamente come molta osservazione senza ragionamento. Vogliamo osservare e ragionare? Ieri Renzi ha sparato un missile al governo Letta, chiedendogli di prendere posizione su Alfano e la Bonino ormai indifendibili per il caso Shalabayeva. Renzi vuole andare al voto subito. Sa di poter vincere le elezioni e con un governo che ha un capo e una coda fare qualcosa. Forse non tutto, ma qualcosa. A mettergli i bastoni tra le ruote sono rimasti ormai solo il suo partito, i ministri miracolati del Pdl e Napolitano. C’è senso di responsabilità in tutto questo?