di Lapo Mazzei
Intrigo internazionale modello 007 o grande bufala, in perfetto stile spaghetti Western? Giochi di potere per minare la stabilità del governo guidato da Enrico Letta, oppure siluro indirizzato al vice premier Angelino Alfano, teleguidato dai falchi del Pdl? Dilettanti allo sbaraglio o professionisti dell’incasinamento degli affari semplici? O, molto più modestamente, tragicommedia all’italiana con tanto di sceneggiata finale? Difficile incasellare in una di queste categorie la vicenda Shalabayeva (ma sarebbe meglio definirlo il caso Alfano) viste le mille sfumature che la cronaca di questi giorni ha – drammaticamente, visto il calo di reputazione del Paese – inanellato, in una sorta di vortice frenetico di scoop e finte rivelazioni. Ma una certezza c’è: a pagare per tutti, nella speranza di saldare i conti lasciati in sospeso dalla politica, è un funzionario dello Stato. Giuseppe Procaccini, il capo gabinetto del ministro dell’Interno, ieri mattina si è dimesso. Dimissioni accettate con “profondo rispetto” dal titolare del Viminale, che ieri pomeriggio ha ricostruito la vicenda davanti alle Camere, senza riuscire a fugare tutti i dubbi. Tutta colpa di Procaccini oppure si tratta solo del capo espiatorio? Davvero il governo non sapeva, oppure ha sottovalutato la vicenda, finendo per restarne vittima? “Sono qui a riferire su una vicenda di cui non ero stato informato, e non ne era stato informato nessun altro collega del governo, né il presidente del Consiglio” ha esordito al Senato il vice premier e ministro dell’Interno Angelino Alfano, riferendo in Aula sull’espulsione di Alma Shalabayeva. La presentazione del rapporto del capo della polizia Pansa sul caso Shalabayeva, fatta dal ministro Alfano, arriva dopo giorni di polemiche sul “giallo kazako” e nel giorno delle dimissioni del capo di gabinetto del Viminale. Troppo tempo per un numero interminabile di dubbi e zone d’ombra. “Resta grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda”, ha sottolineato Alfano, “dobbiamo lavorare perché ciò non accada mai più”. Già, perché la storia degli ultimi governi, di qualunque colore, è lastricata di passi falsi e gaffe internazionali, che hanno minato la credibilità della nostra diplomazia e del sistema d’intelligence. A partire dal caso Marò. Il ministro dell’Interno, nel suo intervento in Aula, ha sottolineato che “le espulsioni non vengono segnalate al ministro” e che le informazioni al ministro dell’Interno vengono selezionate e classificate dal Capo di Gabinetto e dal capo della Polizia o suoi sostituti. Se cosi è significa che il problema non chi fa cosa, ma chi ha deciso questa linea di comando. Un ministro non può non sapere.
Alfano, poi, ha puntualizzato che «in nessuna fase della vicenda i funzionari italiani hanno avuto informazione alcuna che Ablyazov (il dissidente kazako marito di Shalabayeva, ndr) fosse un rifugiato politico e non un pericoloso latitante”. Sempre secondo la relazione del capo della Polizia Pansa, nessuna domanda di asilo da parte di Alma Shalabayeva era stata presentata prima del blitz di fine maggio che ha portato alla sua espulsione. “Nel corso dell’intera istruttoria e dalla consultazione di tutta la documentazione fornita”, ha detto Alfano, “non risulta che Alma Shalabayeva o i suoi difensori abbiano mai presentato o annunciato domanda di asilo, pur avendone la possibilità, né è risultato che la citata cittadina kazaka abbia mostrato o affermato di possedere un permesso di soggiorno rilasciato da paesi Schengen, cosa che hanno fatto i difensori solo in sede di ricorso contro il provvedimento”. Entrando nel dettaglio del blitz e poi dell’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia, Alfano ha spiegato che si è trattato di una espulsione “dalla chiara legittimità ma che ha evidenziato caratteri non ordinari. Andranno verificate le modalità esecutive”. Il ministro ha poi definito “infondate” le affermazioni fatte dalla stessa Shalabayeva in un memoriale pubblicato dal “Financial Times”, secondo le quali il cognato “sarebbe stato percosso, riportando ferite durante l’irruzione” nella villa di Casal Palocco . Concludendo il suo intervento al Senato, Alfano ha sottolineato il suo impegno affinché un caso del genere non si ripeta: “Dobbiamo lavorare perché ciò non succeda mai più”, ha detto il ministro che ha quindi annunciato una “riorganizzazione” dell’ufficio Immigrazione. Sin qui la difesa di Alfano. Se sia stata sufficiente o meno lo dirà il Parlamento, chiamato a votare la mozione di sfiducia personale contro il ministro dell’Interno. Il voto è fissato per venerdì mattina. Il Pd, nonostante le apparenze, sul caso Alfano- Shalabayeva, non ha ancora deciso cosa fare con esattezza. Il Pdl, invece, unito a parole potrebbe colpire in aula. Nel frattempo è probabile che dopo quella di Procaccini cadranno altre teste. E tutto ciò per tenere insieme una maggioranza sempre più strana e ondivaga. E tutto questo non è affatto un bene per il Paese. Anche perché, come tutti i copioni che si rispettano, oltre al danno c’è la beffa: “Sono davvero stupito per questa vicenda. Apprendo ora la notizia della convocazione, sono in vacanza fuori Italia. Vedremo quando arriverà la richiesta…”dice Andrian Yelemessov, ambasciatore del Kazakhstan in Italia, dopo la nota di Palazzo Chigi secondo cui il ministro degli Esteri, Emma Bonino, convocherà nelle prossime ore il diplomatico “per ricevere adeguati chiarimenti” sulla vicenda dell’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua. Ma sì, continuiamo, così facciamoci del male.