Il pm ed ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, indagato a Perugia nell’ambito dell’inchiesta sulle nomine nelle procure, avrebbe messo in campo una “strategia del discredito” nei confronti di vari colleghi in corsa per incarichi direttivi, come nel caso del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, o ostacolandone le nomine, come nel caso del procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo a Roma, tramite “dossier”, “vicende ipoteticamente ostative” o “prefigurando illeciti”.
Sono queste alcune delle accuse mosse nei confronti di Palamara dal Pg della Cassazione Giovanni Salvi in vista dell’udienza disciplinare dinanzi al Csm in programma martedì prossimo. Quello dell’ex presidente dell’Anm, sostiene ancora il Pg, è stato un “comportamento gravemente scorretto” e correlato ad esigenze personali, in particolare come quelle dell’ex ministro Luca Lotti, allora indagato nel caso Consip e in contatto con lo stesso Palamara.
Per quanto riguarda i 5 ex consiglieri del Csm (Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianlugi Morlini, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli), a giudizio insieme a Palamara, il Pg della Cassazione scrive che anche loro “tenevano un comportamento gravemente scorretto nei confronti degli altri colleghi magistrati componenti il Consiglio superiore della magistratura” e “idoneo a influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della Quinta commissione dell’organo di autogoverno”.
Viene citata, in particolare, una riunione tra di essi “tenuta la notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, venivano invitati a partecipare soggetti (Luca Palamara, Cosimo Ferri e Luca Lotti) completamente estranei alle funzioni e alle attività consiliari e dei quali da parte degli incolpati era accettato e recepito il contributo consultivo, decisorio e organizzativo sulle future nomine” direttive nelle Procure, compresa quella di Roma “di diretto interesse personale” per Palamara che aveva fatto domanda come aggiunto e per Lotti indagato per Consip.