C’è da chiedersi se il peggio per la magistratura italiana sia davvero alle spalle. A preoccupare è – come sempre – l’inchiesta sugli incontri carbonari tra il pubblico ministero Luca Palamara e diversi politici che, giorno dopo giorno, sembra assumere i connotati di una vera e propria resa dei conti. Proprio ieri la Procura di Perugia, alla quale competono i reati commessi dai magistrati di Roma, ha chiesto la trascrizione di un centinaio di intercettazioni telefoniche a cui si aggiungono un’altra ventina di audio realizzati con il famigerato trojan installato sul cellulare di Palamara.
Una mossa che non ha stupito l’indagato, sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dopo il deflagrare dell’inchiesta, che ha risposto chiedendo a sua volta la trascrizione di un centinaio di conversazioni. Si tratta di conversazioni che, secondo il magistrato, potranno chiarire come sono andate realmente le cose. A decidere su quali audio andranno materialmente riportati in cartaceo per farli confluire in un eventuale fascicolo processuale, quali resteranno nelle mani del solo pm e quali andranno eventualmente distrutti, sarà il gip di Perugia che aveva fissato, proprio per oggi, una specifica udienza poi rinviata al 30 luglio. “Siamo qui per valutare la legittimità delle intercettazioni nei confronti dei parlamentari” ha detto uno dei suoi difensori, l’avvocato Benedetto Buratti “riteniamo violata la Costituzione”.
E’ c’è attesa anche per quanto deciderà il Csm. Palamara, insieme a parlamentare Cosimo Ferri e ad altri 5 ex Componenti del Csm coinvolti nello scandalo sulle nomine negli uffici giudiziari, il prossimo 21 luglio dovrà comparire davanti alla Commissione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.