di Filippo Conti
Il ritorno a Forza Italia sta scatenando una vera e propria guerra all’interno del Pdl. Il partito leggero cui vorrebbe ritornare Silvio Berlusconi non convince tutti. Il modello studiato dal Cavaliere è una sorta di partito in franchising. Qualcuno usa termini più accattivanti ed evocativi, come il partito “in sonno” o “a farfalla”. Ovvero una forza politica molto leggera, pronta ad attivarsi e “aprire le ali” in prossimità delle elezioni.
I partiti sono demodè
“Il Cavaliere è sempre più convinto che un partito nell’accezione tradizionale del termine sia ormai una forma superata dal punto di vista organizzativo. E lui ha sofferto molto la pesantezza portata all’interno del Pdl dagli ex An. Inoltre, come ha spiegato più volte, non gli piace il nome né l’acronimo che non scalda i cuori e non conquista. Da qui ha deciso un ritorno a Forza Italia che, però, non sarà un ritorno al passato”, racconta una fonte all’interno del partito berlusconiano.
Dunque la nuova struttura dovrebbe presentarsi così: pochissime sedi (solo quelle provinciali), coinvolgimento di imprenditori sul territorio, fundraising per reperire risorse, arruolamento di giovani e volti nuovi, propaganda sfruttando al massimo la potenzialità del web e dei social network. Al nuovo partito sta lavorando una squadra di una decina di persone, di cui fanno parte, tra gli altri, Daniela Santanché, Denis Verdini, Micaela Biancofiore, Sandro Bondi, Daniele Capezzone, Mario Valducci e Antonio Palmieri. Un gruppo di lavoro che lascia filtrare molto poco all’esterno. E che, naturalmente, viene guardato con diffidenza e sospetto dal resto dello stato maggiore.
Da fuori, con i suoi sondaggi, dà una mano anche Alessandra Ghisleri. Ed è proprio dalle sue ricerche, iniziate un anno fa, che il Cav si è convinto ad abbandonare il Pdl. Il nome Forza Italia è stato testato più volte e a distanza di tempo. E ha sempre dato risultati migliori rispetto al Pdl. Da qui la decisione di ritornare alla formula che gli consentì di vincere le elezioni in tre mesi contro la gioiosa macchina da guerra di Occhetto nel 1994. Per questo motivo, dopo la sconfitta alle Amministrative, il Cavaliere ha deciso di rompere gli indugi e dare il via alla nuova formazione. Che sarà varata tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Con una grande convention. A Roma o Milano.
Opposizione interna
Ma, dicevamo, non tutto il partito è d’accordo. Gli ex An, infatti, scalpitano. E molti di loro sono già dati con un piede in uscita, a partire dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che potrebbe dar vita a una nuova formazione di destra insieme a Giorgia Meloni e Andrea Augello. Ma anche ex forzisti come Fabrizio Cicchitto e Raffaele Fitto non condividono la sintesi politica del Cavaliere. “Noi abbiamo problemi all’opposto del Pd. Loro sono forti sul territorio, ma hanno una leadership frammentata. Noi abbiamo un leader forte, ma sul territorio non esistiamo. E’ anche per questo motivo che alle amministrative spesso andiamo male. Quindi altro che partito leggero: dovremmo radicarci molto più sul territorio. Altrimenti rischiamo di sparire”, spiega un deputato contrario al ritorno a Fi.
I segretari cittadini del partito, intanto, hanno ricevuto da Roma l’ordine di chiudere le sedi entro la fine di agosto. E la stessa struttura centrale si sta trasferendo in una sede più piccola, a piazza di San Lorenzo in Lucina. Scelta che consentirà di risparmiare 2 milioni di euro l’anno. “Il problema è che i ritorni al passato raramente funzionano. Se Forza Italia è stata un’idea geniale che ha rivoluzionato in tre mesi la politica italiana, la nuova Forza Italia rischia di risultare una minestra riscaldata. Anche perché non c’è più il fascino della novità e tanto meno l’attrattiva della grande rivoluzione liberale”, continua il deputato.
Una grande novità sarebbe potuta essere l’introduzione di primarie vere per scegliere il leader. Ma il timone, come ha più volte sottolineato lui stesso, almeno all’inizio sarà saldamente nelle mani del Cavaliere. Per ora non sono previste successioni.
Tanto meno da parte di Angelino Alfano. La cui credibilità all’interno del Pdl in queste ore è in caduta libera a causa del pasticcio kazaco. Tanto che qualcuno, nel suo stesso partito, è dell’opinione che il ministro dell’Interno abbia fatto una figuraccia e debba rassegnare le dimissioni