Il dossier Autostrade ha le ore contate. Ma soprattutto ad avere le ore contate sono i Benetton. La famiglia di Ponzano Veneto appare sempre più accerchiata. In Cdm oggi (alle 22) ci sarà una prima ricognizione. “Ci sarà un’informativa, è una decisione che deve coinvolgere tutto il governo, c’è la necessità di adottare una decisione perché questa vicenda si trascina da troppo tempo”: da Berlino il premier Giuseppe Conte ribadisce la linea dura nei confronti dei Benetton. “Se ci sono ponti e questi ponti crollano, dobbiamo saper sanzionare chi è responsabile di questo crollo”, dice. E le conseguenze di un’eventuale revoca? Se si arrivasse a quello “avremo soluzioni da offrire”, replica con sicumera.
“Certamente ci sarebbero dei problemi in una società sottoposta a revoca, ma attenzione”, la prospettiva dei rischi collegati a quest’eventualità “se assecondata significherebbe che è possibile continuare con il dispendio di risorse pubbliche e dare prevalenza all’interesse privato. Se c’è stato un problema di cattiva manutenzione, la responsabilità va sul management non sulla cittadinanza che si ritrova costretta a subire il ricatto di eventuali conseguenze e incertezza che avrebbero le decisioni pubbliche sul concessionario privato”. Parole che sembrano non lasciare scampo alla famiglia che tramite Atlantia detiene l’88% di Aspi. Il premier, in un’intervista al Fatto Quotidiano, alla famiglia trevigiana aveva recapitato un messaggio ugualmente fiero. Un vero e proprio ultimatum: fuori i Benetton o revoca.
Che è poi la linea che i Cinque stelle hanno tenuto sin dalla prima ora. Condivisa da Leu che chiede revoca e nazionalizzazione. E a cui finisce per accodarsi anche il Pd dopo una serie di dichiarazioni ondivaghe. “I rilievi del presidente del Consiglio sono condivisibili”, dice il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Rimane solo Italia viva a frenare. La revoca della concessione? “Facile da dire, difficile da fare”, dice Renzi. Secondo cui “se lo Stato vuole tornare nella proprietà, l’unica possibilità è una operazione su Atlantia con un aumento di capitale e l’intervento di Cdp”. Conte rispedisce al mittente la proposta arrivata sabato sera dai Benetton. Non bastano i 3,4 miliardi a titolo di risarcimento per il crollo del ponte Morandi, non la rinuncia a qualsiasi contenzioso, non l’abbassamento delle tariffe, non i miliardi previsti per il piano di investimenti, non quelli per le manutenzioni.
Il nodo resta non tanto quello del controllo – la famiglia ha accettato di scendere sotto il 51% – quanto della stessa loro permanenza in Aspi. “Sarebbe davvero paradossale se lo Stato entrasse in società con i Benetton – argomenta – per le gravi responsabilità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni fino al crollo del Morandi e anche dopo”. Il premier asfalta la proposta ricevuta: “Una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante”. Per concludere che “i Benetton prendono in giro i familiari delle vittime del ponte e tutti gli italiani”. Prova a difendersi Atlantia che decide di rendere pubblica la sua proposta. Che – sostiene – “aderisce alle ultime richieste del governo”, tranne che a quella di “manleva formulata al tavolo a favore della presidenza del consiglio dei ministri, del Mit e del Mef, a fronte di danni civili che potrebbero essere richiesti da terzi a tali istituzioni per loro eventuali responsabilità come conseguenza del tragico crollo del viadotto sul Polcevera”.
La famiglia Benetton ha sempre rispettato le istituzioni, si insiste. Ma i mercati temono la revoca: Atlantia ieri ha concluso la seduta con un crollo del 15%. Il decreto per sfilargli la concessione sarebbe già pronto. Un sostegno potrebbe arrivare dal partito di Giorgia Meloni. Non da Forza Italia favorevole a una rinegoziazione in modo duro della concessione. Non da Matteo Salvini che si limita a minacciare di voler segnalare alla Consob le parole del premier.