di Gaetano Pedullà
Come volevasi dimostrare, l’Italia resta in ginocchio mentre dalla politica arrivano solo annunci o, peggio, polemiche da trivio. A Calderoli e le sue “sparate” siamo abituati da anni. Ma per chi ci guarda dall’estero sentire un parlamentare dare dell’orango tango a un ministro di colore equivale ad archiviare millenni di civiltà, di cultura, di rispetto e integrazione come reperti archeologici abbandonati e cadenti. Lo stesso stato d’altronde in cui versa buona parte del nostro patrimonio culturale. Che Calderoli non capisca tutto questo è quasi scontato. Che la sua parte politica gli faccia ancora una volta quadrato attorno in nome della solidarietà di partito, è più grave. Ma il fatto drammatico è vedere l’impotenza di un Paese, delle sue istituzioni di governo e parlamentari, persino la moral suasion del presidente – re Giorgio Napolitano cadere totalmente nel nulla. Un quadro che dice nitidamente come questa politica sia talmente debole da non riuscire a risolvere neppure la più penosa delle beghe interne. Figuriamoci uscire dalla crisi o i veri problemi degli italiani. Certo, in un Paese normale un politico con responsabilità di rango mille volte inferiori rispetto a un vice presidente del Senato si sarebbe dimesso da un pezzo. Qui invece si resta attaccati alla cadrega finché si può. Il premier Letta questo lo sa bene, anche perché lui per primo si sta tenendo stretto a Palazzo Chigi, nonostante un governo che ahimè produce pochissimo. Se però poi si ha paura di essere scavalcati dal partito di Repubblica, si pone l’aut aut chiedendo a Calderoli di dimettersi e questo signore se ne infischia, allora non si è fatto un autogol, ma il record mondiale delle palle tirate nella propria porta. Salvini rincara la dose e sbertuccia il Colle, Maroni passa per statista, ma soprattutto vince l’idea che chiunque può dire quello che vuole – tanto non succede niente –. E dire che pure nel Subuteo, di cui Letta è campione, la prima regola è non farsi gli autogol.