L a tanto attesa proposta del presidente del Consiglio europeo Charles Michel (nella foto) sul Recovery Fund, presentata ieri mattina in conferenza stampa, è sicuramente un prinmo passo ma non significa affatto che l’intesa sia stata raggiunta. Ad ogni modo, accogliendo le richieste dei Paesi del sud, Michel conferma la proposta della Commissione europea di stabilire il fondo in 750 miliardi di euro, suddivisi in 500 di sussidi e 250 di prestiti, ma adesso si tratta di portare avanti senza intoppi i negoziati tra gli Stati membri: l’intesa andrà formalizzata al summit del 17 e 18 luglio ed è necessaria l’unanimità da parte dei 27.
Non sarà semplice, ma il tempo stringe: “Questa proposta è una base, avremo bisogno di lavorare in vista del Consiglio europeo, confido nel coraggio politico dei leader, è tempo di agire”, ammette lo stesso Michel. La palla passa adesso ai parlamenti e ai capi di governo, impegnati in questi giorni in incontri e bilaterali: ieri sera il premier Giuseppe Conte è volato a L’Aja per incontrare il suo omologo Mark Rutte, capofila dei Paesi cosiddetti “frugali” lunedì sarà a Berlino da Angela Merkel e poi dal francese Emmanuel Macron dopo aver fatto tappa nei giorni scorsi a Lisbona e Madrid per spingere all’intesa entro luglio e compattare il “fronte del sud”. Il solito vero scoglio da superare infatti, sono come sempre, le resistenze di Olanda, Austria Svezia, Danimarca e Finlandia, i più restii a concedere aiuti economici sotto forma di sovvenzioni.
Abbiamo bisogno di un ammontare complessivo più basso e di un migliore equilibrio tra sovvenzioni e prestiti”, ha precisato su Twitter la premier finlandese Sanna Marin subito dopo la formalizzazione dell’entità delle risorse da stanziare da parte del presidente del Consiglio europeo. I rigoristi del nord sono inoltre scettici anche sulla capacità dei paesi più colpiti dalla pandemia – dell’Italia, in particolare – di investire gli aiuti ricevuti dall’Europa per le riforme, così come previsto dalle Raccomandazioni del semestre europeo per ciascun Paese, presentate già da settimane dalla Commissione. Del resto lo stesso Michel su questo punto è stato chiaro: “Gli Stati dovranno preoccuparsi di presentare piano di ricostruzione triennali, da sottoporre al vaglio della Commissione e del Consiglio europeo”.
Anche sul rimborso del debito comune che l’esecutivo Ue dovrà accumulare per creare il Fondo, Michel strizza l’occhio ai frugali e propone di anticiparlo a partire dal 2026, due anni prima di quanto proposto da Ursula von der Leyen. Quanto al bilancio pluriennale, il presidente del Consiglio europeo propone “un bilancio europeo per il 2021-2027 di 1.074 miliardi”, leggermente inferiore a quanto proposto dalla Commissione (si trattava di 1.100 miliardi) e viene inoltre confermato anche per i prossimi sette anni il meccanismo di correzione dei contributi per Germania, Austria, Danimarca, Olanda e Svezia. In sostanza uno “sconto” sui fondi che ciascun Paese versa ogni anno all’Unione.
La proposta di compromesso di Michel prevede anche l’istituzione di una speciale Riserva di aggiustamento per la Brexit da 5 mld di euro, che dovrà servire a “contrastare le conseguenze impreviste ed avverse negli Stati membri e nei settori più colpiti” dall’uscita del Regno Unito dall’Ue. Apprezzamenti per l’iniziativa sono immediatamente arrivati dal Belgio, che si è detto soddisfatto per il paracadute anti Brexit, e in parte anche dall’Italia. Il ministro agli Affari europei Enzo Amendola chiede però di confermare “gli obiettivi di ripresa economica di Next generation Eu” e di completare il negoziato “con una decisione all’altezza della sfida”. Una sfida che va vinta soprattutto in tempi rapidi.