di Massimiliano Lenzi
Cultura, Firenze lancia il suo mayday. “La situazione di grave difficoltà in cui versano le istituzioni culturali statali in tutta Italia, a Firenze sta raggiungendo livelli di criticità tali da minacciare la loro stessa sopravvivenza. In particolare l’Opificio delle Pietre dure, la Biblioteca Nazionale e il Polo Museale sono tra gli enti statali fiorentini maggiormente colpiti dallo stato di emergenza; tra loro, pur tenendo conto delle diverse peculiarità, sussistono problematiche comuni”: inizia in questo modo l’interrogazione presentata in giugno, alla Commissione Cultura, dal senatore socialista Riccardo Nencini e dalla senatrice del PD Rosa Maria Di Giorgi. I problemi sono principalmente due.
“Il blocco delle assunzioni – si legge nell’interrogazione – determinato dai decreti governativi degli ultimi anni non permette il fisiologico turnover dei ruoli tecnico scientifici. L’ultimo concorso significativo risale all’86. Considerato che l’età media dell’attuale personale in carica si aggira mediamente sui 55 anni, si assisterà nel giro di pochi anni allo svuotamento delle risorse umane e alla mancanza della possibilità di formare nuove professionalità. Tra l’altro le suddette risorse rientrano nella normativa pre-Fornero, che obbliga il pensionamento ai 65 anni. Gli attuali quadri direttivi, che finora hanno presentato domanda al ministero dei Beni e Attività culturali di permanenza in servizio fino all’attuale limite minimo per il pensionamento di vecchiaia (66 anni e 3 mesi), si sono visti negare tale possibilità. La cosa è tanto più paradossale perché, secondo la nuova normativa, i colleghi nati, magari a distanza di pochi giorni e cioè dal 1 gennaio 1952, possono optare per una uscita ‘flessibile’ , a loro scelta, tra i 66 e i 70 anni”. Secondo: “I profondi tagli finanziari alla cultura derivanti dalla spending review. Nelle linee programmatiche dell’azione del Ministro per i Beni e le Attività Culturali si legge che le ‘spese per interventi urgenti al verificarsi di emergenze, relativi alla salvaguardia dei beni culturali, etc’ sono passate, da circa 65 Milioni di euro del 2008, a circa 27 Milioni del 2013, con un decremento del 58%. La disponibilità per gli interventi ordinari per la tutela del patrimonio culturale, è passata, da circa 99 Milioni del 2008, a circa 47 Milioni del 2013, con un decremento pari al 52%. La disponibilità delle risorse derivanti dagli introiti del gioco del lotto, sempre finalizzate all’attività di tutela del patrimonio artistico, è passata, da circa 89 Milioni del 2008, a circa 25 Milioni del 2013, con un decremento del 71%. Infine, il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali, è passato, da circa i 17 Milioni del 2009, a circa 14 Milioni del 2013, con un decremento del 18%. Se i musei afferenti al Polo Museale possono contare sulle entrate dei servizi aggiuntivi (biglietteria, book shop, etc.), marginali rispetto alle reali esigenze gestionali, per quanto riguarda l’Opificio delle Pietre Dure, la Soprintendenza territoriale e la Biblioteca Nazionale non è possibile neanche contare su tali risorse”.
Domanda: come se ne esce? “Bisogna mettere in campo – dice Nencini a La Notizia – tutte le iniziative possibili per salvaguardare il patrimonio culturale di cui gode questa Italia. Prevedendo fondi adeguati a sostegno degli interventi necessari e agevolazioni fiscali per i privati che vogliono investire nella conservazione dei beni culturali. Una considerazione. Nel ’49 i legislatori, nel periodo di ricostruzione post bellica, fecero destinare il 2% di ogni nuova costruzione pubblica all’abbellimento degli edifici. È una legge ancora vigente ma la norma non viene quasi mai rispettata nelle regioni. Ho presentato una risoluzione in Commissione Cultura al Senato ed è stata votata all’unanimità.
Si potrebbe partire rispettando, innanzitutto, quella legge, tramite un organo di vigilanza che dovrebbe occuparsi di controllarne l’applicazione”. Vigilare ed applicare, in Italia vaste programme.