Sembra proprio un brutto momento per la magistratura che, ormai quotidianamente, viene travolta da scandali. Dopo i veleni tra toghe nati dallo scandalo sugli incontri carbonari promossi dal pm Luca Palamara, ora spunta pure l’ombra dei concorsi truccati per diventare pubblico ministero o giudice a mettere in ulteriore imbarazzo la giustizia italiana. Proprio ieri i componenti della prima commissione del Csm, i laici Stefano Cavanna in quota Lega e Fulvio Gigliotti di M5s (nella foto), hanno chiesto al Comitato dei presidenza dell’organo di autogoverno della magistratura, di procedere all’apertura di una pratica sul caso dei concorsi in magistratura negli anni 1992 e 2000.
ACCERTAMENTI NECESSARI. L’intento è quello, come messo nero su bianco dai due consiglieri, di “effettuare un’approfondita istruttoria” e, conseguentemente “accertare l’eventuale sussistenza di fatti e/o condotte rilevanti nell’ambito delle competenze del Consiglio, nonché al fine di adottare le iniziative meglio ritenute” in caso vengano rilevati illeciti. Una richiesta che i due componenti del Csm ritengono necessaria dopo alcune notizie di stampa, allegate agli atti, che non possono essere ignorate perché descriverebbero una situazione a dir poco allarmante e a tratti peggiore perfino di quella delineata dallo scandalo Palamara. Basti pensare che nella richiesta, senza nessun giro di parole, si fa riferimento a “un articolo ipotizzante gravissimi fatti astrattamente inficianti la regolarità del concorso di magistratura la cui prova scritta si svolse i giorni 20-21 e 22 maggio 1992 e, forse, anche il concorso dell’anno 2000, essendo emersa dalla documentazione acquisita da un ricorrente”.
Per la precisione sarebbero emersi “segni di riconoscimento, nonché errori elementari di diritto negli elaborati di alcuni vincenti”. Gli stessi consiglieri, inoltre, ricordano che sul caso tempo fa è intervenuto perfino l’ex vicepresidente della Corte Costituzionale, Guido Neppi Modona, che “lamentava il silenzio assordante degli organi posti al vertice della magistratura, Csm compreso”.
Dopo gli scandali che hanno terremotato le toghe, non si può più fare finta di niente. Così quella denuncia di un avvocato, bocciato per due volte all’esame da magistrato, dopo 28 anni richiede che ci sia un approfondimento. Del resto quanto sostenuto dall’allora candidato è di inaudita gravità perché sarebbe emerso, dai documenti sui test da lui faticosamente ottenuti e solo a seguito di una lunga battaglia legale, sarebbe emerso che sui compiti dei promossi erano presenti evidenti segni di riconoscimento lasciati sui fogli così da renderli riconoscibili quando, invece, sarebbero dovuti essere completamente anonimi. Ma c’è molto di più.
Gli stessi elaborati presenterebbero anche errori grossolani di diritto e, cosa a dir poco incredibile, dai verbali dei lavori della commissione esaminatrice sarebbe emerso addirittura che la valutazione media per ciascun candidato è durata tre minuti. Un tempo record, se confermato, considerato che sarebbe dovuto servire per leggere tre elaborati scritti, di materie tutt’altro che semplici, e, successivamente, giudicarli. Una vicenda per la quale già nei giorni scorsi si era mossa la politica tanto che il 2 luglio il deputato forzista Pierantonio Zanettin ha presentato un’interpellanza parlamentare per chiedere al ministro Alfonso Bonafede di fare luce sui concorsi incriminati visto il silenzio che, almeno fino a quel momento, proveniva dal Csm e dall’Anm.