Lo stipendio non è ufficialmente noto, ma a spanne il fortunello intascherà sui 170 mila euro lordi l’anno, 6500 netti al mese. Nome e cognome saranno annunciati urbi et orbi oggi, giorno in cui avrà termine la corsa al posto più ambito dai giornalisti romani nell’ultimo anno: quella di capo dell’ufficio stampa della Camera. Posto che già fu di Stefano Menichini, ex direttore del quotidiano della Margherita Europa (molto spinto, ovviamente, dal Pd), e prima di lui da Anna Masera, giornalista della Stampa (chiamata da Laura Boldrini a rivoluzionare i social), da Giuseppe Leone, ex Secolo d’Italia e Asca (voluto da Gianfranco Fini), e da Piervincenzo Porcacchia, ex uomo Rai e presidente emerito della scuola di giornalismo di Perugia (fedelissimo di Pierferdinando Casini).
Due settimane fa si sono tenute le audizioni dei dieci candidati che hanno superato la nuova selezione, bandita a gennaio e curata dal comitato per la comunicazione presieduto da Mara Carfagna. I promossi del primo giro, in realtà, erano undici, ma Andrea Pamparana, storico volto di Mediaset, ha deciso di ritirarsi dal combattimento. Sul campo ne sono rimasti solo tre che hanno sostenuto il primo colloquio di due settimane e oggi un altro: Francesco Bongarrà dell’Ansa, il portavoce del presidente Anac Paolo Fantauzzi e Moreno Marinozzi di Sky. Gli esclusi sono: il capo ufficio stampa del gruppo Pd al Senato Stefano Sedazzari, la responsabile stampa della Giustizia amministrativa e del Csm, Silvia Grassi, Vincenzo La Manna e Giovanni Tortorolo di Askanews, Gerardo Greco, ex conduttore Rai e Mediaset e Alessandro Taballione.
Chi sarà il prescelto? Fantauzzi è il più giovane (classe 1982) e non ha esperienza come giornalista parlamentare, ma è stato il portavoce all’Anticorruzione di una figura di peso nell’universo grillino come Raffaele Cantone (da poco diventato capo della procura di Perugia). Il parlamentarista dell’Ansa Bongarrà, classe 1974, siciliano con una potente rete di relazioni tutte sicule (da Renato Schifani a Pietro Grasso) e noto frequentatore di casa Cossiga (con cui divideva la passione per la tecnologia e i Servizi segreti). Già in corsa per l’ufficio stampa nel 2016, e sconfitto da Menichini, “Ciccio” si è nel frattempo consolato con le nomine di Cavaliere della Repubblica e di ambasciatore in Perù per San Marino.