Matteo Renzi è un uomo pirotecnico, suggestivo, multipolare, sempre in movimento: o presenta libri o è sui social. In poche parole soffre di sindrome da lontananza dal potere e per chi è stato premier del partito di maggioranza ed ora è leaderino di un partitino insignificante è dura. Quindi assistiamo ogni giorno ad un profluvio di iniziative e dichiarazioni che spesso si contraddicono a vicenda, ma l’importante è che Google se ne accorga e le indicizzi. Il suo ego è soddisfatto così.
L’ultima che ha sparato è una specie di “avviso ai naviganti” rivolto alla coalizione di maggioranza di cui fa parte con Italia Viva: Attenzione – dice il senatore toscano – che se non ci mettiamo d’accordo e soprattutto non arriviamo al 2023, data delle elezioni del presidente della Repubblica, finirà che le destre eleggeranno al Colle un Orbán liberticida, un caudillo di destra che ci porterà nell’ambito delle nazioni conservatrici e che rischiamo una dittatura.
Il discorso può in effetti essere vero, anche se è difficile che in Italia regga a lungo uno come Orbán, e – soprattutto – che sia eletto, ma il fatto clamoroso è che questo grido di allarme venga da uno come lui. Renzi al potere ha infatti perseguito tenacemente una politica di destra nascondendola sotto le mentite spoglie di un partito di sinistra, anzi proprio il maggior partito di sinistra e cioè quello democratico. Renzi è stata la quinta colonna di Confindustria abolendo l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, conquista imprescindibile delle lotte degli anni ’70. Renzi ha portato un attacco formidabile all’impianto costituzionale della Repubblica, cercando di abolire il Senato – in cui poi incoerentemente si è precipitato per essere eletto – e per fortuna è stato fermato da un referendum confermativo, se no ce l’avremmo ancora tra le scatole in posizione di potere.
Il suo programma politico era quello dell’elezione diretta del Capo dello Stato, tutta la sua politica è stata improntata all’esaltazione dell’”uomo forte” che nei suoi megalomani disegni era ovviamente lui ed ora ci dice del “pericolo Orbán”. La destra non è così efficiente nel cercare unicamente il potere assoluto e anche se volesse è molto meno pericolosa dell’ex sindaco fiorentino e questo ci rassicura. Ci fa però riflettere il fatto che la politica abbia raggiunto un tale grado di sfacciataggine da gridare “al lupo”, mentre il lupo – punito dagli italiani – è proprio lui.
E non si può dimenticare la corrispondenza di amorosi sensi con Berlusconi che aveva puntato inizialmente su di lui dai tempi del nazareno e lo invitava a pranzo alla villa emblematica di Arcore, il luogo del potere di un certo modo di fare la politica e non è un caso che Berlusconi sia ancora ben saldo nel centro-destra. Renzi è manipolatorio e sta manipolando da anni la politica italiana. È un astuto giocatore di poker, uno scaltro scacchista che trae vantaggio non solo dal minimo errore, ma anche dalla minima indecisione dell’avversario. Per questo è pericoloso, molto più di quell’ “uomo forte” con le sembianze di Orbán. Perché Renzi, l’”Orbán dell’Arno”, è arrivato ad un passo dal fregarsi l’Italia, molto più vicino di Salvini che al suo cospetto è un imberbe scolaretto del potere. Su una cosa però ha ragione: attenzione alle derive autoritarie e per questo teniamo gli occhi ben piantati su di lui.