Non sono d’accordo su quisquiglie come il Mes o da che parte stare in Europa, e devono discutere pure se andare insieme o divisi a incontrare il governo ai tempi supplementari degli Stati Generali, ma se c’è da spartire poltrone i partiti del Centrodestra un accomodamento lo trovano sempre, a costo di riesumare i vecchi scarti di magazzino. Prendiamo le prossime regionali, che grazie alla caparbietà dei giallorossi in materia di risparmi si terranno in un’unica tornata, insieme al referendum sul taglio dei parlamentari e a diverse elezioni comunali, probabilmente il 20 e 21 settembre.
Dopo essersele date di santa ragione sui territori, la Meloni ha blindato l’ex governatore Raffaele Fitto in Puglia e Berlusconi l’ex presidente Caldoro in Campania. Personaggi in politica da decenni, entrambi in passato con grane giudiziarie. Salvini invece va sul sicuro in Veneto con Zaia e se la gioca in Liguria con Toti, mentre in Toscana cerca la rivincita del flop in Emilia Romagna, presentando un’altra candidata col paracadute (la Ceccardi a Bruxelles com’era per la Borgonzoni al Senato).
Un paracadute che ha pure Acquaroli, deputato indicato da FdI per le Marche, e lo stesso Fitto, europarlamentare. Il mondo va avanti, insomma, ma il Centrodestra italiano no, ricicciando vecchie facce e valori vetusti, come i manifesti dei loro sedicenti family day, con gli attacchi ai diritti delle donne, sul fine vita, al Papa, e il ritorno al Far West delle armi. Una destra medioevale, che al di là della propaganda non ha da proporre niente di nuovo. Come i suoi candidati nelle Regioni.