Una lettera alla commissione Ue per accusare il Governo di violare le leggi europee e danneggiare gli investitori della holding. L’ultima singolare trovata di Atlantia nella battaglia sulla revoca della concessione per Autostrade, di proprietà dalla società controllata dalla famiglia Benetton, è una richiesta di intervento dei vertici europei contenuta in una missiva inviata al vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Bruxelles – che a gennaio aveva definito le concessioni un “tema nazionale” – ha confermato di aver ricevuto la lettera e spiega che “i servizi tecnici la stanno analizzando e sarà inviata una risposta quanto prima”.
Il presidente di Atlantia, Fabio Cerchiai, e l’amministratore delegato, Carlo Bertazzo, hanno chiesto alle istituzioni comunitarie di prendere “iniziative rapide e decise” nei confronti del governo per far fronte a quella che la società ritiene una “violazione delle norme Ue” sul rispetto dei contratti e delle economie di libero mercato. Per il governo ha parlato, solo in serata, il viceministro M5S Giancarlo Cancelleri: “Atlantia ci riprova. Per la seconda volta scrive alla Commissione europea. Scrivere lettere non serve a niente, è arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità. Il ponte Morandi è crollato causando la morte a 43 persone e facendo luce su un fascicolo enorme di inadempienze e report su manutenzione e sicurezza falsificati per fare più profitti. Ora basta perché se il tentativo è quello di prenderci in giro e trattarci con arroganza, i Benetton hanno sbagliato governo”.
LA RICOSTRUZIONE. Secondo un’anticipazione del Financial Times, i vertici di Atlantia lamentano che le norme del Milleproroghe hanno permesso al governo di “ridurre drammaticamente” la compensazione riconosciuta al gruppo nel caso di revoca anticipata del contratto di Autostrade per l’Italia e puntano il dito anche contro il cambiamento del meccanismo per stabilire i pedaggi autostradali. Non solo: come già era avvenuto dopo il cda straordinario del 22 maggio, la società afferma di essere esclusa dalle garanzie pubbliche previste dal dl Liquidità per ragioni politiche. “Sebbene Aspi soddisfi tutti i criteri e i prerequisiti per accedere alla garanzia”, si legge nella lettera, il viceministro dello Sviluppo economico Stefano Buffagni “ha dichiarato che non è possibile concedere tale garanzia a Aspi”.
“Ciò – accusa Atlantia – è palesemente discriminatorio, a conferma del desiderio delle autorità italiane di compromettere la redditività di Aspi, indebolire la società e ridurne il valore a fini politici”. E ancora: la holding accusa anche l’esecutivo di forzarla a vendere la sua quota di maggioranza in Autostrade a Cassa Depositi e Prestiti “a una valore ridotto creando un danno significativo a migliaia di investitori italiani e stranieri”, si legge nella lettera. Quindi Cerchiai e Bertazzo si spingono persino a paragonare il crollo del ponte Morandi, dove morirono 43 persone, a quello di Aulla, gestito da Anas e collassato lo scorso 8 aprile, per rafforzare la loro tesi: “L’atteggiamento delle autorità italiane è ancora più ingiustificato se si considera l’approccio totalmente diverso adottato nei confronti dell’Anas – l’operatore pubblico che gestisce gran parte della rete stradale italiana – a seguito del recente crollo del ponte Aulla in Toscana”.
Identificando l’infrastruttura toscana come un “ponte autostradale” (ma non lo è) ricostruiscono le dichiarazioni di Anas, le verifiche dei mesi precedenti e chiosano: “In questo caso, non vi sono state vittime solo perché l’incidente è avvenuto durante il periodo di blocco di Covid-19”. Quasi fosse un peccato.