Finisce in soffitta la criticata circolare del 21 marzo firmata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Da ieri il provvedimento, nato per evitare possibili contagi tra i detenuti e diventato famoso perché secondo alcuni avrebbe contribuito alla scarcerazione di molti di loro, è stato sospeso “per effetto del mutato quadro sanitario dell’emergenza” da Covid-19. A mettere in naftalina la famigerata circolare sono stati il nuovo capo del Dipartimento delle carceri, Bernardo Petralia (nella foto) e il vice, Roberto Tartaglia, entrambi nominati dal Guardasigilli Bonafede tra il primo e il quattro maggio proprio a ridosso dell’affaire scarcerazioni.
Come messo nero su bianco dai vertici del Dap: “Il numero dei ristretti positivi al Covid 19, pari oggi a 66 persone su poco più di 53 mila detenuti, è in costante diminuzione. Negli istituti penitenziari risultano in atto protocolli di prevenzione dal rischio di diffusione del contagio”. Resta comunque “impregiudicata la necessità del più accurato monitoraggio delle condizioni di salute dei ristretti e fra questi, in particolare, di coloro maggiormente a rischio di complicanze in caso di contagio”, conclude la nota firmata da Petralia e Tartaglia.
IL PROVVEDIMENTO. L’atto, composto da una singola pagina inviata ai provveditori e direttori dei penitenziari italiani, raccomandava semplicemente la segnalazione “con solerzia”, ai magistrati di sorveglianza, della presenza di detenuti con gravi patologie – dall’Hiv al diabete scompensato -, come anche di tutti quelli “di età superiore ai 70 anni”. Pratiche su cui poi le toghe, “per quanto di competenza”, avrebbero dovuto decidere sull’eventuale collocazione fuori dal carcere. Proprio sul provvedimento, non più tardi di martedì, si era acceso il dibattito a seguito dell’audizione dell’ex dg del Dap, Giulio Romano, davanti alla Commissione Antimafia presieduta dal grillino Nicola Morra.
Qui il dirigente ha detto che sull’atto il guardasigilli Bonafede aveva espresso gradimento. Dichiarazioni che hanno immediatamente sollevato un vespaio di polemiche, con le opposizioni che in coro hanno chiesto le dimissioni del ministro, e la Commissione che ha deciso di riconvocarlo per proseguire l’audizione. Questa è stata ultimata ieri quando Romano è tornato sulle precedenti frasi per una precisazione che ha messo la parola fine su ogni illazione. Romano, infatti, ha dichiarato: “Non ho avuto nessun parere positivo del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, prima dell’emanazione della circolare o dopo.
Solo in una videocall, dopo il 24 marzo, ha espresso apprezzamento per la circolare”. Ma c’è di più. Romano ha voluto chiarire anche che “il clamore per cui circolare uguale scarcerazioni è un messaggio sbagliato”. Una tesi che l’uomo ha dimostrato citando una serie di sentenze emesse dai tribunali di sorveglianza, ben prima che l’atto vedesse la luce, con cui erano già stati concessi i domiciliari per motivi di salute ad alcuni detenuti.