Rinnovamento. È questa la parola chiave dietro la quale Matteo Salvini si trincera per cambiare le carte in tavola in vista delle regionali di settembre. In realtà gli accordi la coalizione li aveva presi per tempo: era ottobre quando i tre leader stipulavano un patto che prevedeva che un leghista corresse in Emilia Romagna e Toscana, convinto com’era, il Capitano all’apice dei consenso, di poter espugnare i “fortini rossi” (ma nella terra governata da Bonaccini sappiamo come è andata…) mentre a FI sarebbe spettato indicare il candidato governatore in Calabria – che con la Santelli si è rivelata una scelta vincente e a cui comunque Salvini ha affiancato come vicepresidente il “suo” Nino Spirlì – e la Campania.
A Giorgia Meloni erano state “assegnate” le Marche e la Puglia. Ma si sa, le stagioni passano, gli equilibri cambiano, la politica è talmente fluida che nove mesi sono un’era geologica. Tanto più se, come nel caso del leader della Lega, la fortuna non ti arride come un tempo. O fortuna, velut luna, status variabilis semper crescis aut decrescis. E se ad una “decrescita” del Carroccio si accompagna una lenta, netta ed inesorabile “crescita” dei tuoi alleati di coalizione (leggi Fratelli d’Italia) quei patti di ottobre iniziano a starti un po’ stretti. Ma Raffaele Fitto, il candidato governatore indicato da Giorgia in Puglia, veleggia col vento in poppa, i sondaggi lo accreditano 10 punti avanti al suo principale competitor Emiliano e FdI, sottorapresentato in termini di regioni governate rispetto al consenso nel Paese, non mollerà mai l’osso.
Per non rimanere a bocca asciutta al sud, a Matteo non resta che la Campania dove nonostante i proclami berlusconiani pro Caldoro, la sua posizione non è così blindata. L’ex presidente della Regione non trova infatti il consenso di buona parte dei forzisti campani, Mara Carfagna in testa, e il Capitano ha sicuramente gioco più facile ad inserirsi fra gli interstizi di una trattativa che portare alle lunghe oltre questa settimana sarebbe oggettivamente complicato. Il possibile sfidante di De Luca che sta prepotentemente prendendo piede in queste ore è quello di un “civico”, un nome nuovo – come nei desiderata della Lega – ma che metterebbe tutti d’accordo: quello del 43enne giornalista napoletano Alessandro Sansoni, direttore del mensile di area CulturaIdentità, conosciuto sul territorio per la sua battaglia per l’istituzione della macro-regione meridionale, volto tv e con un respiro nazionale anche per il suo ruolo nell’esecutivo dell’ordine dei giornalisti.
Per Salvini sarebbe difficile a questo punto giustificare il suo niet ad un candidato con queste caratteristiche adducendo come pretesto la volontà di cambiamento. Anche perché all’ombra del Vesuvio la Lega non ha classe dirigente propria, si tratterebbe di imporre il solito riciclato che certo mal si addice a quanto va ripetendo il leader in queste ore pur di non lasciare la Campania ad un fedelissimo berlusconiano come Caldoro o come Antonio Martusciello, in uscita da Agcom e con velleità da governatore in pectore.