“Io faccio il direttore generale non faccio attività politica”. Così si giustificava il 27 maggio scorso Luigi Cajazzo, durante l’audizione in commissione Sanità richiesta dal capogruppo Pd in Regione Lombardia. Il potente, e fino a ieri ritenuto “intoccabile”, dg dell’assessorato al Welfare del territorio più colpito dal Coronavirus, ha provato a difendere sé stesso e i vertici della direzione dallo tsunami che li ha travolti. “Per quanto ci riguarda noi abbiamo svolto un lavoro tecnico che io difendo e di cui sono assolutamente orgoglioso, con una squadra di persone che si sono dedicate anima e corpo a questa emergenza”, ha affermato Cajazzo a proposito delle scelte che hanno caratterizzato una gestione dell’emergenza contrassegnata da errori e ritardi.
Il governatore leghista Attilio Fontana ha comunque deciso di rimuoverlo dal suo incarico – sebbene con un ritardo ingiustificato – e di sostituirlo con Marco Trivelli, manager storico della sanità lombarda. In ogni caso l’ex poliziotto della Mobile di Lecco non resterà a spasso, per lui Fontana ha già pronto un altro prestigioso incarico al Pirellone, quello di vice segretario generale con delega all’integrazione sociosanitaria. Ma la sostituzione in extremis, nella Regione con il maggior numero di contagi e decessi, fra cui quelli numerosissimi nelle Rsa, con gli ospedali diventati luogo di contagio, con decine di migliaia di malati senza un tampone, e che ha visto negli anni lo smantellamento dei fondamentali presidi sanitari territoriali, non è servita a placare le polemiche nei confronti dei vertici politici.
“Stamattina ci siamo svegliati con la notizia del cambio del direttore generale della Sanità Lombarda. Una chiara ammissione di colpa da parte di Fontana, che dopo mesi di vittimismo, accetta la piena responsabilità politica della Lega e sancisce il fallimento di questo modello ospedale-centrico. È la dimostrazione che non erano attacchi politici alla Lombardia, ma era evidente a tutti che qualcosa non funzionava, a partire dalla riforma targata Lega e Maroni”. Così il viceministro M5s al Mise Stefano Buffagni. E mentre Paolo Grimoldi, deputato della Lega e segretario della Lega Lombarda Salvini Premier, annuncia che la Regione Lombardia chiederà il conto dei danni alla Repubblica Popolare Cinese per la crisi innescata dal coronavirus, apprestandosi a “mandare all’ambasciatore cinese un acconto di richiesta danni da 20 miliardi”, richiesta poi formalizzata nel corso della seduta di ieri del Consiglio regionale, la senatrice del Pd Simona Malpezzi, sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento accusa di “sciacallaggio” il leader del Carroccio: “Comprendo le difficoltà politiche di Salvini per la gestione tragica dell’emergenza Covid-19 da parte della Regione Lombardia.
Per questo non mi sorprende l’ennesimo tentativo di cercare responsabili o capri espiatori. La solita opera di indegno sciacallaggio politico che non fa i conti con il dato di realtà. I cittadini lombardi hanno pagato un prezzo altissimo per gli errori commessi dalla giunta Fontana. Errori su cui sarà chiamata ad indagare una commissione d’inchiesta. Per quanto riguarda il misero tentativo di incolpare il governo sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano, bisogna ricordare che era nelle facoltà del governatore Fontana, grazie a una legge del 1978, assumere un’ordinanza per istituire una zona rossa come è accaduto in centinaia di comuni italiani, dall’Emilia Romagna alla Calabria. Spieghi Salvini – continua la Malpezzi – perché la giunta lombarda non è andata nella direzione di molte altre amministrazioni che hanno deciso tempestivamente e autonomamente l’istituzione di zone rosse”.